Maaza Mengiste, nata ad Addis Abeba nel 1971, è una scrittrice etiope. Tre dei suoi zii materni furono vittime del colpo di stato del 1974, e con la sua famiglia Maaza fu costretta a lasciare il paese.
Ha vissuto prima a Lagos e poi a Nairobi. Infine ha studiato scrittura creativa all’Università di New York, città dove oggi insegna e risiede.
Nel 2007 è stata nominata New literary idol dalla rivista New York Magazine.
Lo sguardo del leone (Neri Pozza, 2010) è il suo primo romanzo.
Racconta le vicende della famiglia di Hailu, un medico che vive e lavora ad Addis Abeba nel periodo in cui Menghistu prende il potere rovesciando l’Imperatore Hailé Selassié e inaugurando un periodo di terrore. Al centro del libro le sofferenze delle vittime di una guerra civile:
“In un giorno del 1974, la vita di Hailu e di milioni di etiopi muta di colpo. Dal cielo terso e acceso dal sole di Addis Abeba, gli elicotteri dell’esercito imperiale lasciano cadere migliaia di volantini. Adagiandosi al suolo con la grazia di piume strappate, i fogli annunciano alla popolazione l’impensabile: la ribellione dell’arma a una ‘monarchia vetusta e decadente’, incapace di assicurare alla giustizia i corrotti e i responsabili della carestia che flagella l’Etiopia. Nei mesi seguenti l’imperatore Hailè Selassiè, subito dopo aver firmato l’ordinanza di scioglimento del governo e del consiglio della corona, viene arrestato e trasportato in una modesta casa sulla collina che sovrasta la capitale. Il nuovo tiranno da adesso è Menghistu”.
Con il suo secondo romanzo, Il re ombra (Einaudi, 2019), è stata finalista all’ International Booker Prize. Il romanzo si incentra sull’occupazione italiana in Etiopia tra la prima e la seconda Guerra Mondiale.
La protagonista è Hirut, figlia di Fasil e Getey, una ragazzina spaurita in balia di un sistema patriarcale che la vuole schiava. Ma quando i venti di guerra contro gli invasori italiani cominciano a infuriare, Hirut diventa la temuta guardiana del Re Ombra: come le sue sorelle d’Etiopia ora è un soldato, che non ha piú alcun timore.
In una recente intervista al Corriere della Sera, Maaza Mengiste ha detto: “In Etiopia le donne hanno sempre combattuto in guerra. Erano presenti ma non hanno parlato della loro esperienza quotidiana. Una donna poteva essere un soldato sul campo di battaglia, ma di ritorno al campo, gli uomini potevano fare di lei quello che volevano.
Il suo stesso corpo poteva essere usato come un campo di battaglia. Le donne si vergognavano di parlare di quei momenti, perché hanno sacrificato tutto ed è umiliante per loro ammettere che sono state in grado di difendere il territorio, la terra, ma non il proprio corpo.”
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A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero
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