di Silvia C. Turrin
Le relazioni tra Stati Uniti e continente africano sono state in più occasioni avvolte da contraddizioni, allontanamenti e avvicinamenti. Con l’avvento dell’amministrazione Biden, il governo di Washington si sta dimostrando sempre più coinvolto nella politica e negli affari di vari paesi africani. Basti ricordare che il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha intrapreso nel corso del 2022 e 2021 importanti viaggi diplomatici in Africa, toccando nazioni di interesse strategico, come la Repubblica Democratica del Congo, il Ruanda, il Sudafrica, la Nigeria. Tra gli obiettivi principali dell’amministrazione Biden vi è quello di estendere la presenza statunitense in Africa per competere (nonché contrastare) con Russia e Cina.
Non solo interessi economici
Per capire la nuova strategia degli Usa verso il continente africano occorre rammentare due fatti. Il primo, più recente, risale all’agosto 2022, quando l’amministrazione Biden diffuse il documento dal titolo “Strategia americana verso l’Africa sub-sahariana”. Nelle pagine del dossier è evidenziato il fatto che gli Stati Uniti intendono favorire non soltanto lo sviluppo di società aperte e democratiche, ma anche la sicurezza, la crescita economica e la transizione ecologica. Insomma, l’obiettivo è davvero articolato e ambizioso.
Questo documento si riallaccia in modo evidente al secondo aspetto che spiega il rinnovato interesse degli Usa verso l’Africa. Bisogna ritornare alla campagna elettorale di Biden e allo slogan “America is back”. Come dire: gli Stati Uniti non vogliono più isolarsi e intendono guardare oltre i propri confini, attivandosi su più fronti. La rivitalizzazione della politica estera americana si è vista, non a caso, in vari contesti europei, asiatici (come a Taiwan) e appunto africani.
Contrastare l’influenza di Cina e Russia
“Pechino cerca di indebolire le relazioni tra USA e governi africani”. È uno dei punti che emerge dal documento prima citato, “Strategia americana verso l’Africa sub-sahariana”. Gli Stati Uniti si sono resi conto di quanto l’influenza sia economica, sia diplomatico-militare cinese (e anche russa) in tutto il continente si sia ampliata. Per questo, i recenti viaggi del Segretario di Stato americano Antony Blinken si devono inquadrare in una politica di rinnovata partnership tra Washington e varie nazioni africane.
Vengono quindi stimolati vari programmi di cooperazione, i cui precedenti si possono rintracciare nelle iniziative a suo tempo avviate da precedenti amministrazioni. Per esempio, con la presidenza Bill Clinton, nel 1999, venne creato l’African Growth and Opportunity Act (AGOA). Obama promosse la Global Hunger and Food Security Initiative. Con l’avvento di Trump ci fu una svolta nuovamente tendente all’isolazionismo, ma con Biden l’America è appunto tornata molto attiva sulla scena internazionale, Africa inclusa.
Cruciale è per l’amministrazione Biden anche l’instabilità che la Russia in particolare può creare nel continente. La presenza di mercenari russi in alcune zone, come in Centrafrica, risulta preoccupante. E lo è ancor di più se si analizzano i livelli di democrazia nelle nazioni africane. Secondo un Rapporto del 2020 dell’Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale (IDEA) con base a Stoccolma il numero di regimi in Africa è aumentato, contro la riduzione del numero di Paesi definibili liberi e democratici.
Secondo l’analisi promossa da IDEA, soltanto quattro Stati africani – Capo Verde, Ghana, Senegal e Sudafrica – hanno un governo rappresentativo di alto livello. Inoltre, nel corso degli ultimi anni ben 13 nazioni hanno introdotto emendamenti o hanno eliminato norme costituzionali inerenti i limiti del mandato presidenziale. Tutto ciò inquieta l’amministrazione Biden attenta – almeno ufficialmente e sul piano diplomatico – alla protezione della democrazia e al rispetto dei diritti umani.
Occorre infine sottolineare che, a livello militare, gli Usa sono presenti – anche attraverso droni armati – nei seguenti Stati: Senegal, Mali, Burkina Faso, Ghana, Camerun, Gabon, Ciad, Niger, Libia, Somalia, Kenya, Uganda, Botswana e, infine, a Djibouti, dove si trova la più importante base USA in Africa.
L’intero continente rimane nel mirino degli interessi di tante potenze, in un contesto internazionale ben più complesso di quello che ha caratterizzato l’epoca della Guerra Fredda. L’Africa non solo è popolata da milioni e milioni di giovani (che costituiscono anche un bacino potenziale di consumatori), ma è anche ricchissima di risorse naturali e minerarie strategiche. Soprattutto in una congiuntura mondiale di crisi energetica come quella che stiamo vivendo, l’Africa rischia di essere nuovamente “spartita” tra potenze desiderose di prevalere le une sulle altre.
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