Uno studio effettuato sul campo ricostruisce la rete del traffico di armi di piccolo calibro nella vasta regione dell’Africa occidentale e del Sahel, dove proliferano, per lo più senza controllo, gruppi criminali e organizzazioni terroristiche. In evidenza il ruolo della corruzione nel favorire il commercio.

Un nuovo rapporto realizzato da Small Arms Survey , un progetto di ricerca del Graduate Institute di Ginevra, ha esaminato l’entità e le tendenze del traffico transfrontaliero di armi nell’Africa occidentale e nel Sahel.

Il documento, che focalizza l’analisi sulle armi di piccolo calibro, è basato su oltre dieci mesi di indagini sul campo condotte in otto paesi, grazie alle quali è stato possibile ricostruire la rete del traffico di armi nella regione. Una rete che dal Mali e dalla Costa d’Avorio si estende fino alla Siria.

Lo studio evidenzia come il fenomeno sia collegato ad altre forme di criminalità organizzata attraverso un’interazione tra bande criminali, trafficanti locali, gruppi armati, organizzazioni terroristiche e attori statali, che influenzano le dinamiche del traffico illecito di armi.

Fiume Niger, lo spartiacque

Matthias Nowak e Fiona Mangan, i due ricercatori che hanno seguito l’indagine, hanno constatato che i modelli del traffico variano in base alla regione. La zona a nord del fiume Niger rappresenta un’area particolarmente attiva, dove reti ben organizzate di trafficanti spostano ingenti quantità di armi leggere su vaste aree di territorio. Mentre nella zona a sud del fiume Niger, il traffico tende a essere meno organizzato ed è caratterizzato dal coinvolgimento di numerosi intermediari locali.

Gran parte del commercio illegale si sviluppa sotto il controllo di trafficanti esperti, attorno alle zone di conflitto attive. Nel resto dei casi, dove non è presente una situazione di conflitto, le spedizioni di armi di piccole e medie dimensioni vengono effettuate insieme ad altre merci, rivelando consolidate connessioni tra i vari commerci illegali e attori della tratta di esseri umani.

L’indagine di Small Arms Survey sottolinea che Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Niger e Burkina Faso sono le nazioni che più risentono di questi traffici illeciti, poiché rappresentano i principali paesi di transito o di origine delle armi dirette in Mali, in particolare nelle regioni di Mopti, Gao, Kidal e Timbuctu. Per questo motivo, i rispettivi governi dovrebbero mobilitarsi in sinergia, elevando il livello di allerta per affrontare le minacce legate alla criminalità transnazionale organizzata.

Dopo la rivolta del 2011, che ha portato alla destituzione di Gheddafi, anche la Libia è diventata uno dei principali protagonisti del mercato nero delle armi da fuoco, nonostante l’embargo imposto dalle Nazioni Unite. Tuttavia, il flusso del traffico dalla Libia ha rallentato dopo la ripresa del conflitto civile nel 2014.

Dal mercato legale a quello illecito

Il rapporto evidenzia inoltre che un numero significativo di armi di piccolo calibro e relative munizioni che arrivano nella regione, proviene da scorte nazionali. Una gestione insoddisfacente di tali scorte rappresenta un fattore chiave che consente il passaggio delle armi e delle munizioni dal mercato legale a quello illecito.

Di conseguenza, la gestione sicura delle scorte esercita un ruolo fondamentale nel contenerne la proliferazione illegale, soprattutto negli Stati interessati da conflitti o da una debole governance. Alla proliferazione illecita di armi da fuoco contribuisce anche la produzione artigianale in officine illegali e la conversione di armi a salve in armi da fuoco.

Il traffico di armi differisce in modo significativo da altre forme di traffici illeciti come quello di droga e di esseri umani. In primo luogo, perché le armi da fuoco sono un bene durevole, come dimostra il fatto che un fucile d’assalto ben mantenuto (per esempio un Kalashnikov) può funzionare per diversi decenni.

Lo studio propone infine alcune misure da adottare affinché siano scongiurati ulteriori destabilizzazioni, tra le quali figura un maggior controllo del commercio di armi da parte dei singoli Stati. E maggior controllo significa anche una serrata lotta alla corruzione a livello governativo e regionale.

Foto: smallarmssurvey.org

Marco Cochi, su Nigrizia