Lo Zambia, Paese dell’Africa australe si avvia verso la dichiarazione della bancarotta di stato, per l’impossibilità di ripagare i debiti contratti all’estero. Il 19 novembre ha sospeso il pagamento dei suoi debiti esteri. È ciò che gli economisti chiamato “default tecnico”.
Lo Zambia ha un debito estero di 12 miliardi di dollari, metà del quale con la Cina.
Ciò che preoccupa è che quello dello Zambia potrebbe essere soltanto il primo di una serie di default e ristrutturazioni a catena di Stati africani indebitati.
“Molti osservatori di lunga esperienza e storici dell’economia — scrive Adegoke, analista geopolitico di della rivista Quartz — indicano che, in termini reali, i Paesi africani sono in una posizione economica più forte rispetto alle precedenti crisi africane del debito degli anni 80 e 90. Ma, stavolta, la sfida per Paesi come lo Zambia riguarda tanto quanto devono che a chi lo devono“.
Continua Adegoke: “In passato, i finanziatori multilaterali del Club di Parigi (del quale fanno parte organizzazioni finanziarie dei 22 Paesi più ricchi del pianeta, ndr) erano, probabilmente, più incentivati a trovare soluzioni rispetto ad oggi, situazione in cui quei Paesi sono in debito con investitori commerciali e hanno un debito bilaterale significativo con la Cina. I titolari dei bond —ad esempio investitori con una responsabilità fiduciaria verso i titolari di fondi pensione — sono riluttanti ad accettare una “tosatura” dei loro crediti senza essere sicuri che gli influenti investitori cinesi siano disposti a fare lo stesso”.
Ed è superfluo sottolineare come l’onda d’urto di una bomba del debito in Africa potrebbe far sentire i suoi effetti anche nelle acque del Mediterraneo, con una nuova spinta a imbarcarsi per fuggire alla miseria.
Francis Mupeta, capo del dipartimento Malattie infettive alla University Teaching Hospital di Lusaka, è preoccupato delle ricadute sul sistema sanitario nazionale: “In dieci anni il debito dello Zambia è triplicato, mangiandosi il bilancio e innescando tagli a catena della spesa sanitaria”.
Secondo Mupeta, il risultato rischiano di pagarlo i cittadini, anzitutto in termini di assistenza medica. “Già negli ultimi anni lo Zambia si era allontanato dall’obiettivo fissato dalla Dichiarazione di Abuja, che impegna gli Stati africani a devolvere nella tutela della salute almeno il 15 per cento dei loro bilanci. Nel 2012 il nostro dato era di circa il 12 per cento: oggi è crollato al nove”.
E aggiunge: “L’approvvigionamento di attrezzature mediche e farmaci essenziali è sempre più difficile a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi delle importazioni. Molti dottori restano disoccupati nonostante di loro ci sia estremo bisogno, mentre le catene delle forniture vanno in tilt perché mancano i fondi”.
P. Marco Prada