Jamaica Kincaid, pseudonimo di Elaine Cynthia Potter Richardson, è nata nel 1949 ad Antigua nei Caraibi, nella cosiddetta “periferia dell’impero ”.
Antigua è stata infatti una colonia britannica fino al 1967 e qui Elaine ha completato la sua formazione scolastica secondo il sistema educativo inglese, vivendo però a contatto con francesi e creoli.
Divenuta cittadina statunitense, vive oggi nel Vermont, nei mesi estivi, mentre durante l’anno accademico insegna studi afro-americani all’Università di Harvard, nel Massachusetts.
Nei suoi romanzi la questione della lingua, doppia, imposta, non scelta, subita e del mondo di appartenenza, sono temi sempre presenti.
Inizia a scrivere come giornalista e poiché la sua famiglia disapprova il fatto che scriva, nel 1973 cambia il suo nome in Jamaica Kincaid. Si trasferisce a New York e lavora presso diverse testate giornalistiche, tra le quali Forbes e The New Yorker, entrando in contatto con intellettuali e musicisti come Myles Ludwing e Christopher Tree. Studia fotografia alla New school for social research.
Non ci sono i Caraibi idilliaci nella sua scrittura e tanto meno nei suoi racconti, pervasi sempre da un senso di fatalismo, da qualcosa di già avvenuto e di imprescindibile.
Nel 1983 scrive il suo primo lavoro, At the bottom of the river, (Adelphi, 2011), una raccolta di racconti brevi.
Nel 1990 il suo romanzo, Lucy (Adelphi, 2008), è una descrizione immaginaria del diventare adulta in un paese straniero e continua la sua storia personale, iniziata con il romanzo Annie John del 1985 (Adelphi, 2017).
In altri romanzi, affronta la questione del colonialismo e della rabbia impotente che questo ricordo sempre presente nella lingua che si parla o che non si parla, nei gesti, negli sguardi, nel senso di inferiorità indotto – provoca.
Con Autobiografia di mia madre (Adelphi, 2020) la scrittura di Jamaica Kincaid, penetrante, precisa, inconfondibile, si arricchisce di tonalità cupe, senza respiro.
È una storia di solitudine e di risentimento, di insofferenza per la “stanza nera del mondo”, lei diversa perché creola e non del popolo degli africani, “era come fossimo in gara per vincere un premio segreto”.
In prima persona racconta le vicende di Xuela, di madre cariba e padre per metà scozzese e per metà africano, abbandonata insieme a un fagotto di panni sporchi dopo che la madre è morta di parto. È un percorso nell’infelicità, dove le durezze del mondo si scontrano con il suo carattere roccioso e visionario.
Ad ogni passo la vita di Xuela si intreccia con quella di un sogno, dall’orlo della veste candida: la madre, non conosciuta, colei che non ha potuto raccontare la sua vita .
Jamaica Kincaid è appassionata di giardini e giardinaggio e ha dedicato a questa sua passione diverse pubblicazioni, non tradotte però in italiano.
Ha avuto due figli dal compositore Allen Shawn e una figlia dall’attuale marito.
I libri qui citati, e altri libri in lingua originale o in traduzione italiana di scrittrici e scrittori africani, li puoi trovare nella nostra Biblioteca Africana Borghero, ed avere in prestito con lo scambio inter-bibliotecario, rivolgendoti alla tua Biblioteca abituale.
Vai alle pagine del nostro sito dedicate alla Biblioteca.
A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero
Foto: Wikipedia; Flickr CC (Bokmässan-Niklas Maupoix)