Nell’entroterra di Mombasa, a poca distanza dalla zona costiera, si trova un’area rilevante dal punto di vista sia naturalistico, sia antropologico e culturale.

Parliamo delle foreste di Kaya, ritenute sacre per i Mijikenda, gruppo linguisticamente appartenente alle popolazioni Bantu. Vi è una forte e atavica connessione tra questo popolo e le foreste Kaya, tanto che dobbiamo ringraziare proprio i Mijikenda per aver protetto nel corso dei secoli un importante territorio verde del Kenya.

Il complesso habitat vegetativo delle foreste è infatti per i Mijikenda sede degli antenati, come testimonia la presenza di siti sepolcrali. L’ecosistema boschivo è ritenuto da loro sacro ed è venerato in quanto dimora degli avi.

Queste credenze spirituali del popolo Mijikenda hanno permesso la conservazione di un ambiente che, altrimenti, sarebbe stato distrutto, come è accaduto per l’immensa foresta che un tempo copriva le pianure costiere attorno a Mombasa.

La salvaguardia forestale nel corso dei secoli è stata possibile grazie al fatto che i Mijikenda non hanno disboscato, né danneggiato la vegetazione. Il divieto di abbattere alberi veniva raramente violato, poiché i trasgressori, secondo le credenze dei Mijikenda, soccombono all’ira degli spiriti.

Oltre alle tombe degli antenati, le foreste sacre nascondono le vestigia di numerosi villaggi fortificati dei Mijikenda. Infatti, il termine “kaya” nella lingua dei Mijikenda significa “casa”. Un tempo questo popolo si rifugiò proprio in queste aree forestali per sfuggire ai nemici.

La fitta foresta aveva un ruolo difensivo e, al contempo, era fonte di benessere materiale, nonché luogo per coltivare la dimensione spirituale.

Da territori abitati, questi sacri habitat boschivi sono diventati sempre più spazi intrisi di una forte spiritualità, che permette ai Mijikenda di creare una continuità tra le varie generazioni.

Come è stato rilevato da vari analisti, le foreste Kaya sono elemento caratteristico determinante dell’identità dei Mijikenda.

Tuttavia, a causa del processo di modernizzazione/urbanizzazione, negli ultimi anni si è assistito a un declino dei saperi tradizionali e del rispetto di antiche pratiche.

La coesione sociale nella comunità si è indebolita e frammentata, per effetto della migrazione e dell’istruzione dei giovani. Ciò rappresenta una minaccia alla conservazione della biodiversità di queste foreste.

Per questi motivi, a partire dal 1992 le foreste Kaya sono state riconosciute come patrimoni nazionali e alcune sono diventate anche riserve forestali protette.

Nel 2008, le foreste dei Mijikenda sono diventate Patrimonio mondiale dell’umanità. Una scelta che mette in luce l’importanza di questi siti sacri non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche culturale e antropologico.

a cura di Silvia C. Turrin

foto: wikimedia.org