L’arte africana contemporanea è protagonista della 13ᵃ edizione della Biennale di Dakar, di cui avevamo già avuto modo di parlare (si veda l’articolo Senegal, tra jazz e arte). Questo appuntamento che attira sempre migliaia di visitatori, merita maggiore visibilità, per questo abbiamo deciso di approfondire alcune tematiche collegate a questo importante evento organizzato in Senegal, e di respiro internazionale.

Omaggio a Aimé Césaire

Aimé Césaire

Gli organizzatori di Dak’art 2018, in questa edizione, hanno voluto ricordare il padre della négritude, Aimé Césaire, del quale quest’anno ricorre il decennale dalla sua morte. Un ricordo sottolineato dall’utilizzo dell’espressione “l’Heure rouge”, parole incluse nella pièce di Césaire intitolata “Et les chiens se taisaient” (“E i cani tacevano”), in cui egli sviluppa tematiche quali l’emancipazione, la libertà e la responsabilità.

Questo collegamento con il colore rosso lo ha scelto ed evidenziato Simon Njami, Direttore artistico della Biennale, anche per sottolineare le sfide che l’Africa e più in generale il mondo contemporaneo devono affrontare. Come ha messo in rilievo Viyé Diba, Commissario del Padiglione del Senegal, la questione culturale e più precisamente artistica è d’importanza strategica. “La cultura dà legittimità all’economia […] gli artisti sono interpellati in questa manifestazione a orientare la riflessione e a indicare le scelte da operare” ha rimarcato Viyé Diba. Una riflessione indirizzata anche verso la spiritualità, intesa come “spinta” verso altre percezioni e sguardi, per raggiungere la parte più profonda del sé.

Ricordando lo scultore Ndary Lo

Ndary Lo, rétrospective

Questa edizione è ricca di eventi, esposizioni, atelier e di flashback. Oltre a ricordare il poeta e scrittore Aimé Césaire, Dak’art 2018 ha reso omaggio al grande scultore senegalese Ndary Lo, deceduto nel 2017 dopo una lunga malattia. Un artista che ha saputo plasmare abilmente il suo materiale preferito, il ferro, partendo dal quale ha dato vita a opere straordinarie, come il famoso uomo di metallo, situato a cielo aperto ad Avignone, non distante dal Palazzo dei Papi. Una statua che rappresenta una persona con le braccia sollevate verso il cielo, come per voler declamare una preghiera universale.

L’artista senegalese amava chiamare le sue sculture “nit”, che in wolof significa “personaggio”. Sono figure che non sembrano statici, nonostante la loro reale immobilità. Eppure Ndary ha saputo dare loro un movimento, tanto che i suoi personaggi sembrano proprio intenti ad avanzare, a elevarsi, a dislocarsi da un punto a un altro. Di lui, l’amico-artista Ndoye Douts ha detto: “Ndary aveva carattere ed è per questo che riusciva così bene a modellare i materiali, tanto da fare vivere il ferro”. Non stupisce quindi che gli organizzatori di Dak’art 2018 abbiano deciso di rendergli omaggio attraverso un’esposizione di alcune sue opere presso una delle sale dell’antico Palazzo di giustizia della capitale senegalese.

Non solo eventi « ufficiali

Tra le manifestazioni più importanti di Dak’art 2018 c’è sicuramente l’Esposizione internazionale intitolata “Una nuova umanità”, caratterizzata dalla partecipazione di 75 artisti provenienti da varie nazioni. Importanti sono poi gli incontri e gli atelier incentrati sull’arte contemporanea africana e il suo rapporto con le trasformazioni in ambito intellettuale e normativo. Ma Dak’art 2018 è altro ancora. Basti pensare al coinvolgimento dei bambini delle banlieue di Dakar, che all’interno degli spazi Pop-up play hanno creato un bellissimo murales con il contributo dell’artista Diablos; mentre gli studenti del Liceo Lamine hanno avuto l’opportunità di discutere con Simon Njami, Direttore della Biennale di Dakar, sull’eredità di Aimé Césaire. Da ultimo, ma non per importanza, segnaliamo Laeïla Adjovi, fotografa del Benin, che ha ricevuto il prestigioso Grand Prix Léopold-Sédar-Senghor.

Per approfondire:

http://biennaledakar.org/

 

Silvia C. Turrin