Il 2025 è un anno ricco di avvenimenti culturali in Africa. Si comincia con l’evento “Vodun Days”, organizzato dal 9 all’11 gennaio presso la città di Ouidah, in Benin.
Giunto alla sua seconda edizione, questo appuntamento celebra l’arte, le tradizioni e la spiritualità del Vodun, ed è diventato in breve tempo importante a livello internazionale.
Nel corso delle tre giornate, sono organizzati incontri e dibattiti, oltre che cerimonie e spettacoli, che mettono al centro l’ancestrale pratica culturale, comunitaria, animista del Vodun.
Attorno ad esso ruotano numerosi fraintendimenti.
Come ci ha ricordato Padre Paul Henry Dupuis (SMA) nel bellissimo dossier pubblicato su Afriche n.39 (1998), è fondamentale, per capirlo, precisare ciò che NON è Vodun.
Scrive Padre Paul Henry Dupuis:
“Lo si confonde spesso con la stregoneria, per cui conviene subito intenderci sul valore della parola. Se per stregoneria si intende l’arte di “fare fatture” per nuocere ad altri o per uccidere, allora il Vodun non solo NON entra in questa categoria, anzi uno degli obiettivi del Vodun è quello di lottare contro questo tipo di stregoni. Il Vodun infatti rappresenta “atshè“, la potenza benefica, incaricata di lottare contro “azé”, la potenza malefica. Il Vodun non é un’arte per guarire, né una specie di ordine dei “medici” tradizionali, anche se le erbe e le piante fanno parte dei riti Vodun, ma non in quanto oggetti di farmacia”.
Ma quindi, si può dare una definizione di Vodun?
Per rispondere a questa domanda ci affidiamo ancora alla competenza di Padre Paul Henry Dupuis, il quale sottolinea come il Vodun sia un culto esoterico, perciò esso “sfugge ad ogni definizione, ad ogni spiegazione razionale, ad ogni dimostrazione scientifica: Il Vodun si sente e si vive: non si definisce”.
Per comprenderlo e per non cadere nella superficialità, occorre ricordare che il Vodun è strettamente collegato al culto degli antenati e all’animismo, poiché in esso si stabilisce un ponte fra il visibile e l’invisibile.
Come spiega Padre Paul Henry Dupuis:
“Ciò che rende il Vodun singolare e ovunque conosciuto è l’insieme delle strutture particolari e delle “tecniche” molto impressionanti di cui è circondato. Grande è anche il suo dinamismo ed il suo peso sulla vita quotidiana: dalla nascita alla morte, il “pagano” (abitante delle zone rurali) ne è circondato, ma nell’interesse esclusivo della tribù, del villaggio, della famiglia… L’élite di ogni comunità ne é mobilitata per imporre la legge e la tradizione”.
Padre Silvano Galli, che ha curato il quaderno di Afriche qui citato, ha evidenziato che: “Il Vodun è universalmente conosciuto come folcloristico, esoterico, spettacolare e misterioso, ma rimane sempre impenetrabile ed inaccessibile in ciò che ha di più profondo”.
I “Vodun Days”, pur rendendolo attuale, oltre che una forma di spettacolo, esplorano le diverse dimensioni di questa tradizione ancorata alla storia e alla spiritualità del Benin.
L’importanza del dialogo interreligioso
Giovanni Paolo II, compiendo un viaggio apostolico in Benin, il 3 febbraio 1993 rivolse un discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Benin presso l’arcivescovado di Cotonou.
Tra i tanti messaggi, riportiamo queste parole:
“Il Concilio Vaticano II, che ha tracciato il cammino della Chiesa per la fine di questo millennio, ha riconosciuto che, nelle diverse tradizioni religiose, c’è del vero e del buono, dei semina verbi.
Esso ha esortato i discepoli di Cristo a scoprire “quali ricchezze, Dio nella Sua munificenza, ha dato ai popoli” (Ad Gentes, n.11, EV 1\1112.)”.
[…]
La Chiesa considera la libertà religiosa, un diritto inalienabile, un diritto che si accompagna al diritto di ricercare la verità.
È in un clima di rispetto per la libertà religiosa di ognuno, che il dialogo interreligioso può svilupparsi e dare i suoi frutti”.
È possibile leggere il Discorso completo di Giovanni Paolo II ai sacerdoti del Vodun in questa pagina
A cura di Silvia C. Turrin