Il 21 marzo scorso, si è celebrata la Giornata internazionale delle foreste. Sin dal 2013, in varie parti del mondo, questa ricorrenza è un’occasione per accrescere la consapevolezza verso il ruolo vitale delle piante. Tema principale della giornata del 2021 è stato “Il risanamento delle foreste: una via verso la ripresa e il benessere”. Per il continente africano, proteggere e rinverdire i grandi spazi verdi è un obiettivo ancor più importante, perché le foreste sono habitat sempre più fragili.

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature nel 2015 evidenziava, già allora, che da quando la specie umana ha iniziato a sfruttare le foreste, il pianeta ha perso il 46% dell’intera superficie arborea. Ciò significa che abbiamo distrutto quasi la metà delle foreste che ricoprono la Terra. Anche la Banca Mondiale ha preso in considerazione questo problema, sottolineando in un comunicato ad hoc, come tra il 1990 e il 2016, abbiamo perduto 1,3 milioni di km² di foreste. Una delle cause è la continua domanda di terreni da parte del settore agricolo. Le foreste maggiormente coinvolte in questo processo sono quelle tropicali, dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia.

Il saccheggio degli ecosistemi nella Repubblica Democratica del Congo

Secondo un recente rapporto della FAO, un’accelerazione maggiore a livello di deforestazione la sta conoscendo proprio l’Africa. Negli ultimi dieci anni, il continente africano ha perduto circa 4 milioni di ettari di foreste. La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è tra le nazioni africani che sta subendo ormai da vari decenni uno sfruttamento intensivo arboreo ad opera di potenti multinazionali del legno e di società del settore agro-industriale. Dopo la foresta tropicale dell’Amazzonia, le foreste del bacino del Congo sono quelle più ampie al mondo e costituiscono un polmone verde essenziale per la vita.

Non sono solo fonte essenziale di ossigeno, ma costituiscono spazi dal valore ecologico eccezionale, come messo in evidenza da Greenpeace. Le foreste del bacino del Congo sono uno scrigno di biodiversità: troviamo 415 specie di mammiferi, ben 11mila specie di piante, e poi varietà di uccelli e di pesci presenti soltanto nella RDC. I processi di deforestazione non distruggono solo i vegetali, ma mettono in pericolo l’esistenza di tanti animali, come gli elefanti di foresta (nella foto in alto), i gorilla, i bonobo e gli okapi. Distruggere questi ecosistemi significa anche destrutturare lo stile di vita di tante comunità che vivono grazie all’esistenza delle foreste, in primis i Pigmei.

Concessioni forestali illegali?

Proprio nel marzo 2021, il Consiglio di amministrazione dell’iniziativa per la foresta dell’Africa Centrale (CAFI) ha appoggiato le proposte con cui si chiede la restituzione delle concessioni irregolarmente acquisite dallo Stato della RDC. Dalla società civile sono emerse diverse istanze che chiedono proprio tale restituzione. Tra gli accusati della vendita illegale di concessioni forestali vi è il Ministro dell’Ambiente e dello sviluppo sostenibile della RDC, Claude Nyamugabo. Un’accusa mossa dall’organizzazione Greenpeace Africa e confermata dal Gruppo di lavoro del Clima REDD Rénové (GTCRR).

Greenpeace Africa ha rivelato nel giugno 2020, il Ministro dell’ambiente della RDC ha attribuito illegalmente ben quattro concessioni alla società congolese Groupe Services, per un totale di oltre 700mila ettari. Come ha sottolineato l’organizzazione ambientalista: “Nella RDC, che ospita la maggior parte della foresta del bacino del Congo, dal 2002 è in vigore una moratoria che avrebbe dovuto proteggere la foresta impedendo l’assegnazione di nuove concessioni per il taglio di legname”.

A peggiorare la situazione, il governo della RDC ha aperto quasi la metà del parco nazionale di Salonga, situato nel bacino del Congo, all’esplorazione petrolifera.

I processi di deforestazione sono quindi da imputare a un intreccio di fattori: presenza di risorse pregiate che attirano vari attori stranieri (multinazionali del legno, società minerarie, aziende attive nell’agribusiness, ecc.; corruzione dei politici e degli amministratori locali; enormi interessi economici e geo-strategici.

L’erede di Wangari Maathai

        Wangari Maathai

Per fermare la deforestazione in Africa occorre guardare alle nuove generazioni. Per esempio, in Kenya, troviamo Elizabeth Wanjiru Wathuti, classe 1995, fondatrice nel 2016, della Green Generation Initiative, attraverso cui diffonde idee volte a coinvolgere i giovani nelle questioni ambientali. Aveva solo 7 anni quando piantò il primo albero. Attraverso la Green Generation Initiative ha promosso la piantumazione di circa 30mila alberi in Kenya.

La sua azione si ispira naturalmente a Wangari Maathai (1940- 2011), ideatrice del Green Belt Movement, movimento ambientalista promotore di campagne di sensibilizzazione verso temi di tutela del territorio e delle risorse naturali. Grazie alla determinazione di Wangari Maathai – Premio Nobel per la Pace nel 2004 e autrice di varie opere, tra cui “La religione della Terra. Amare la natura per salvare noi stessi” – sono stati piantati migliaia di alberi in tutto il Kenya e sono stati coinvolti nell’iniziativa altri paesi africani, al fine di creare una vera “cintura verde”. Elizabeth Wanjiru Wathuti porta avanti il suo messaggio.

 

Silvia C. Turrin

 

Foto: wikipedia.org