Nato nel 1960 e vincitore nel 2004 del Grand prix de littérature d’Afrique noire, non per un unico titolo ma per l’insieme della sua opera, Sami Tchak (pseudonimo di Sadamba Tcha-Koura) è il maggior autore del Togo di questi anni, anche se ha vissuto quasi sempre fuori dall’Africa.
Ha passato anni a Parigi, dove ha conseguito il dottorato in sociologia alla Sorbona.
Ha condotto le sue ricerche in Sudamerica, a Cuba, in Messico e Colombia.
Ha pubblicato Hermina, il suo primo romanzo con Gallimard e una serie di saggi sulla sessualità femminile in Africa, sulla prostituzione a Cuba e sull’Aids, per L’Harmattan.
Difficile etichettare la sua fluttuante personalità e forse è questa la sua caratteristica.
In italiano è stato tradotto il romanzo La festa delle maschere (Morellini, 2005) :
“Un incontro amoroso che sfocia in tragedia, una famiglia umile che accede ai privilegi della classe politica: l’imponderabile sovverte l’ordine naturale delle cose nel gioco spietato dei personaggi con il loro doppio.
Prima di recarsi da Alberta, Carlos si guarda allo specchio e si ritrova addosso, come una maschera, l’antica ossessione: il viso del capitano Gustavo, uomo colto e affascinante che lo ha sedotto in occasione, di un galà esclusivo.
È il demone di un’identità mutilata in balia dell’attrazione incestuosa per la sorella Carla, che incarna la bellezza, suprema forma di potere cui tutto soggiace, e per Antonio-Antinoo, adolescente precoce figlio di Alberta”.
E recentemente è uscito Mal di nazione, un breve racconto/lettera, pubblicato nell’antologia Africana, raccontare il continente al di là degli stereotipi (a cura di Chiara Piaggio e Igiaba Scego, Feltrinelli, 2021). Una lettera di risposta sullo stretto rapporto colonialismo/nazionalità/lingua/letteratura che uno scrittore (lui stesso?) indirizza ad una stolta lettrice.
In Le continent du tout et du presque rien (2021) racconta la storia di un etnologo, allievo di Georges Balandier, che rimane in Togo due anni per la sua ricerca sul campo: è il totale rovesciamento di ruoli.
È lui a studiare l’altro e non viceversa (un po’ come aveva fatto il regista-antropologo Jean Rouch nel suo geniale film Petit à petit nel 1972).
Scrittore molto interessante, oggi vive a Bobigny vicino a Parigi.
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A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca Africana Borghero