Ayesha Harruna Attah è nata ad Accra, Ghana, nel 1983, sotto il regime militare, in una una famiglia di intellettuali, molto aperta, la madre giornalista e il padre designer, in cui “le storie erano il pane quotidiano” e che molto ha influenzato le sue scelte narrative future.
Ha studiato alla Columbia University e alla New York University, rimanendo affascinata dai romanzi di Toni Morrison, la scrittrice afroamericana premio Pulitzer nel 1987 per il romanzo Amatissima.
Ayesha è poi ritornata in Africa per cominciare a scrivere.
Sono davvero molti gli scrittori africani che oggi scelgono di tornare a vivere in Africa dopo un’esperienza all’estero. La ricerca di identità coincide con la fierezza delle proprie origini.
I suoi primi due libri, non tradotti in italiano, sono stati finalisti di premi prestigiosi, il Commonwealth Writers’ Prize, Harmattan Rain (2009) , e il Kwani? Manuscript Project, Saturday’s Shadows (2015).
Autrice di numerosi racconti, i suoi testi sono stati pubblicati sul New York Times Magazine.
In italiano sono stati tradotti soltanto due dei suoi romanzi: I cento pozzi di Salaga e Il grande azzurro (Editrice Marcos y Marcos, 2019 e 2021).
La prima scintilla dei Cento pozzi di Salaga è il ricordo di una trisavola, venduta come schiava sul mercato di Salaga nel Ghana precoloniale, negli anni cruciali dell’aggressione europea.
Celebrato in Africa per la profondità della ricostruzione storica e per la forza delle due protagoniste femminili, è in corso di pubblicazione in nove paesi.
È la storia di Aminah, che vive in un villaggio sulla pista delle carovane. Le piace cucinare e creare cose con le mani; sogna di cucire scarpe come suo padre e viaggiare per venderle. Il viaggio che l’aspetta è ben diverso, ma rivela il suo coraggio e la sua capacità di resistenza.
E di Wurche, la figlia di un re, una guerriera; che sogna di governare insieme al padre e ai fratelli, per risolvere i conflitti interni e contrastare la rapacità degli europei. Non immagina che le chiedano invece di sposarsi, per cementare un’alleanza.
La guerra incombe, e nei villaggi imperversano i mercanti di schiavi, che portano il loro bottino a Salaga, la splendida città dai cento pozzi.
Uno di loro è Moro, cavaliere bellissimo e sensibile, eppure implicato in quel traffico osceno. Aminah e Wurche si incontrano grazie a lui: sono una principessa e una schiava, ma entrambe devono conquistarsi la libertà.
Il secondo romanzo, Il grande azzurro, ha altre due donne protagoniste, Hassana e Husseina sono sorelle gemelle. Fino ai dieci anni sono rimaste sempre insieme, nella pace del villaggio: Hassana era la gemella più forte, estroversa, Husseina la più timida e schiva.
I mercanti di schiavi le separano in un giorno di fragore e fiamme, gettando tra loro un’insondabile distanza.
Hassana si aggrappa a Husseina nei sogni, per Husseina lo strappo dalla famiglia e dalla gemella è un pensiero troppo doloroso. Entrambe tuttavia nella lontananza fanno fiorire la loro autentica personalità.
Lottano per essere libere: libere da padroni sordidi e meschini, ma anche da chi vuole convertirle ‘per il loro bene’; libere di partecipare ai riti candomblé nella foresta brasiliana, libere di esprimere il proprio talento nel lavoro, libere di abbracciare cause più grandi nel mondo mutevole e febbrile dell’Africa di fine Ottocento.
Imparando ad accettare le paure e i desideri più intimi affronteranno l’acqua profonda che le separa; si ricongiungeranno soltanto quando potranno guardarsi negli occhi come due persone intere.
Ayesha Harruna Attah oggi vive in Senegal ed è considerata una tra le voci più forti della narrativa africana contemporanea. Attualmente sta lavorando al suo prossimo racconto, Zainab Takes New York.
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A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero