Il 18 febbraio 1822 una nave un po’ speciale sbarcava sulle coste dell’Africa Occidentale, precisamente sull’isola Providence, al largo di Cape Mesurado, alla foce del fiume St Paul.
Questa nave era partita dagli Stati Uniti, e trasportava il primo gruppo di ex-schiavi afro-americani, liberati e desiderosi di ritornare alla terra degli avi.
Erano circa 800, uomini, donne, bambini. La maggior parte di loro però non conosceva più l’esatto luogo dove i loro avi erano stati razziati e poi condotti in America.
Ma l’anno prima l’ American Colonization Society, sorta con il fine di liberare quanti più schiavi poteva, e di offrire loro l’opportunità di ritornare in Africa, aveva acquistato delle terre a Cape Mesurado, sulle coste che i mercanti di schiavi portoghesi chiamavano “Costa da Pimenta”, cioè Costa del Peperoncino. E lì voleva creare uno nuovo stato per gli ex-schiavi.
A questa spedizione ne seguirono altre, e nei 40 anni successivi 12.000 ex schiavi afro-americani si trasferirono su quelle terre, e nel 1841 fondarono la città di Monrovia, in onore al presidente americano Monroe.
Nel 1847 la Liberia, che nel frattempo si era estesa all’interno e aveva inglobato varie popolazioni locali, fu proclamata Stato indipendente, l’unico in Africa a non essere mai stato colonizzato dagli europei, e a non avere mai perso l’indipendenza.
Leggi qui le prime tappe della creazione della Liberia
Il Presidente George Weah ha proclamato un anno di celebrazioni , con lo slogan: “Liberia: The Land of Return – Commemorating 200 Years of Freedom and Pan-African Leadership” (Libera: la terra del ritorno – commemorazioni per 200 anni di libertà e leadership panafricana).
Ha detto nel suo discorso: “Vogliamo inaugurare un nuovo mondo in cui ci saranno pari opportunità per tutti i nostri cittadini. Questo evento è l’occasione per la creazione di una piattaforma nazionale in cui tutti i liberiani vivranno in un’atmosfera pacifica di unità nazionale e di riconciliazione”.
P. Marco Prada
Foto: africanews.com; panafricanvisions.com; dmarketforces.com
