In Uganda Bobi Wine è una star: musicista rapper, ma anche deputato in Parlamento. Il suo vero nome è Robert Kyagulanyi Ssentamu. I suoi fans lo chiamano anche il “presidente dei ghetti”, perché è cresciuto in una baraccopoli della capitale, Kampala, dove si trova oggi il suo studio musicale. Da anni la sua musica è usata per criticare il regime, in particolare l’autoritario presidente Museveni. L’ultimo contrasto tra i due risale a qualche settimana fa: Bobi Wine voleva andare a farsi curare negli Stati Uniti, ma il governo gli aveva negato il lasciapassare, perché indagato dalla polizia per sedizione e attentato contro organi dello Staro.
Dopo momenti di tensione, alla fine il governo ugandese lo ha lasciato partire. Ha ricevuto le cure in un ospedale di Boston. Dimesso dai medici, il politico ugandese ha voluto incontrare varie personalità del Congresso e del dipartimento di Stato statunitense, oltre a attivisti e giornalisti, trasmettendo un messaggio molto chiaro: “Dovete fare in modo che il vostro governo interrompa gli aiuti militari al mio governo”, ha ripetuto più volte Wine. “L’equipaggiamento militare che gli USA forniscono al mio paese viene usato per uccidere e torturare la nostra gente”.
Il regime del presidente Museveni ha rivolto contro diversi membri dell’opposizione la pesante accuse di “fare terrorismo”. Alle accuse sono seguite le violenze. La scintilla sono i fatti avvenuti lo scorso 13 agosto. Quel giorno il convoglio del Presidente è stato preso di mira da una folla di manifestanti pro-opposizione, nel giorno delle elezioni locali nella cittadina di Arua, nel nord-ovest del Paese. I dimostranti hanno lanciato sassi contro l’auto che trasportava alcuni agenti della sicurezza del presidente, colpendone alcuni.
“Dopo che le autorità sono state accompagnate in aeroporto, – riportava in quei giorni il quotidiano ugandes The Monitor – una parte del Comando delle Forze Speciali è tornata indietro e ha iniziato ad attaccare e arrestare diverse persone”. L’autista personale di Wine è stato ucciso a colpi di pistola mentre era seduto nel posto del deputato. “Mi volevano morto”, afferma l’artista, diventato membro del parlamento a luglio del 2017. “Invece si sono sbagliati e hanno ammazzato il mio amico e autista, Yasin Kawuma”.
In poco tempo, più di 30 militanti dell’opposizione sono stati trasportati nella prigione militare di Gulu, una cittadina non lontano da Arua, famosa per essere stata negli anni Novanta la base dei ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra). Wine è stato prima accusato di attaccare il convoglio, e poi di detenere illegalmente un’arma. Ma entrambe le accuse sono cadute a causa della insufficienza di prove, soprattutto il possesso di un’arma. Secondo lo staff dell’hotel in cui risiedeva il deputato, è stata tutta una messa in scena della polizia.
La terza accusa contro di lui, quella di “alto tradimento”, è però ancora valida. All’inizio Wine è stato fatto comparire davanti a un tribunale militare. Ma a causa della pressione delle autorità giudiziarie, il governo ha poi accettato di trasferire il processo a un tribunale civile.
Alla conferenza stampa di Washington, Wine ha preferito mostrare solo una piccola parte delle ferite causate dalle torture: “Mi hanno stretto le manette talmente forte ai polsi che le mie mani si sono gonfiate e la pelle del palmo ha cominciato a staccarsi”, spiega il deputato mostrando la prova ai giornalisti, affiancato dal noto avvocato, Robert Amsterdam.
“Voglio tornare a casa perché l’Uganda è la mia casa”, ha ancora dichiarato ai giornalisti americani. “Non si tratta di me”, ha spiegato Wine, “ma di 40 milioni di ugandesi che vogliono avere una voce nel Paese e far cadere il regime del presidente Yoweri Museveni”.
“Bobi Wine è ormai la minaccia più grande nei confronti dell’intenzione del presidente di ricandidarsi nel 2021”, affermano gli analisti. “Wine è ascoltato da gran parte della popolazione fatta di giovani e disoccupati”. L’85 per cento degli ugandesi ha meno di 35 anni, ed è sempre più insofferente verso Museveni, al potere da ben 32 anni.
Matteo Fraschini Koffi
Foto: dalla pagina facebook di Bobi Wine