Werewere Liking, eclettica scrittrice, drammaturga, pittrice e musicista, è nata a Bondè, in Camerun, nel 1959. La sua scrittura riflette le tensioni culturali fra l’Africa e l’Occidente, fra la filosofia, i saperi tradizionali africani e l’irruzione della modernità occidentale.
Laureatasi ad Abidjan, si è trasferita poi definitivamente in Costa d’Avorio dove ha creato il villaggio “ki-yi”, in lingua baassa “sapere ultimo”, un foyer di artisti di diverse nazionalità africane. Di forte ispirazione Panafricana, è un laboratorio in cui la ricerca artistica si orienta verso il recupero del rituale nelle differenti tradizioni culturali africane, con lo scopo di rispondere alla crisi identitaria e culturale dell’Africa post coloniale.
Il ki-yi è una vera e propria filosofia, basata sul recupero della conoscenza storica e della tradizione. La scelta di Werewere Liking è legata al ruolo che tradizionalmente il “sapere ultimo” ha avuto nella cultura baassa, riportando l’armonia nei momenti di crisi. “È un sapere che non utilizza il conflitto, ma piuttosto la diplomazia. È un sapere che responsabilizza l’individuo”.
Partendo dalla condizione attuale della società africana e dal rapporto di sudditanza con l’Occidente, la Liking ha individuato nell’arte uno degli strumenti di liberazione, grazie all’importanza e alla forza dell’atto creativo. L’elemento centrale del ki-yi è la partecipazione femminile.
All’interno del villaggio, i ruoli di responsabilità organizzativa ed artistica sono in mano alle donne. Personalità eclettica, Werewere Liking si occupata di teatro, musica e letteratura. Ha pubblicato libri di generi diversi. In Italia è stato tradotto nel 1996 per Harmattan-Italia, Orfeo africano, un adattamento del mito di Orfeo al contesto africano e nel 2003 Parlare cantando e La vedova Dylém.
Nel 2005 ha ottenuto il prestigioso premio Noma con La memoria amputata (Edizioni Baldini Castaldi Dalai), un’intensa saga africana che ripercorre un lungo e terribile ciclo di violenza e di cancellazione, il periodo coloniale, che ha diviso il Camerun in tre zone distinte: tedesca, inglese e francese.
L’Editrice Gorée propone nel 2007 Le cento vite dell’amore, una storia straordinaria che racconta di destini incrociati, di personaggi coraggiosi e codardi, deboli e forti. Di chi ha voluto fortemente l’indipendenza e il cambiamento.
Nei suoi lavori troviamo l’Africa con le sue contraddizioni, le sue aspirazioni consce e inconsce, i suoi fallimenti e i suoi vizi. A chi le chiede se si sente più artista camerunese o ivoriana, risponde: “Africana, molto semplicemente”.
Non tradotti in italiano, bellissimi i sui due lavori sulle marionette e le statuine Colons, la riproduzione di attività di stampo occidentale, introdotte dal colonialismo, e rivisitate dalla trazione africana, Statuettes peintes d’Afrique de l’Ouest. Marionnettes du Mali e Statues colons (Les nouvelles Éditions africaines/Arhis, 1987).
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Maria Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero
Foto: pagina facebook di Werewere Liking