Il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) ha pubblicato 10 giorni fa alcuni dati aggiornati sul commercio delle armi nel mondo, in particolare le armi pesanti, come carri armati, aerei, cannoni. Nell’ultimo quinquennio l’Asia e il Medio Oriente ne hanno importate notevolmente di più, mentre negli Stati Uniti è l’esportazione a segnare un forte segno positivo.

E l’Africa? Le statistiche dicono che un confronto tra il quinquennio 2013-2017 e quello precedente, 2008-2013, rivela una diminuzione del 22% nelle importazioni di questo tipo di armi. In controtendenza però la Nigeria, con un aumento del 42%.

Il sito African Arguments  fa però alcune osservazioni a queste statistiche.

Anzitutto il fatto che l’Egitto sia incluso non tra i paesi dell’Africa, ma in quelli del Medio Oriente. Con un’importazione di armi pesanti triplicata dopo il colpo di stato del 2013, l’Egitto, se fosse invece incluso tra i paesi africani, ferebbe aumentare le importazioni di tutto il continente del 23%.

Questo fatto ne fa emergere un altro: il mercato delle armi pesanti è un affare privato tra un pugno di paesi in Africa. Cinque di loro: Egitto, Algeria, Sudan, Nigeria e Angola, da soli rappresentano l’85% di tutte le importazioni del continente. E tra questi paesi spicca la posizione dell’Angola: mentre i primi quattro possono giustificare l’aumento di importazione con situazioni di conflitto interno o di lotta al terrorismo, l’Angola fa eccezione. Ma si può controbattere che tanti altri paesi soffrono situazioni di conflitto ben peggiori, eppure non hanno fatto ricorso all’importazione di nuove armi.

Quale potrebbero essere allora i fattori che favoriscono la crescita dell’importazione? African Arguments ne elenca due:

1) disponibilità finanziarie che sfuggono al controllo dei cittadini: vendita poco trasparente delle proprie risorse minerarie (petrolio e gas per Algeria, Nigeria e Angola), o aiuti militari da governi stranieri tenuti nascosti (gli Stati Uniti per l’Egitto, la Cina e l’Iran per il Sudan);

2) governi fortemente influenzati dai militari, che ne garantiscono la stabilità, ma in cambio pretendono un aumento delle spese per la difesa.

A sostegno di questa tesi, si citano paesi in situazione di guerra civile, come il Centrafrica o il Sud-Sudan, con forte condizionamento politico dei militari, che però non dispongono di grandi risorse finanziarie. Le loro spese militari si sono perciò orientate verso il mercato delle armi leggere. Queste sono più difficili da tracciare e non sono incluse nel quadro statistico del SIPRI. Per questo tali paesi non figurano ai primi posti delle tabelle dell’ISPRI.

Oppure il caso di paesi che vogliono limitare l’influenza dei militari nella vita civile (come la Costa d’Avorio o la Liberia): il loro governo difficilmente approverà forti aumenti di acquisti di armi.

Concludiamo con qualche statistica globale riferite al quinquennio 2013-2017:

– i cinque principali esportatori (USA, Russia, Francia, Germania, Cina) totalizzano il 74% di tutte le esportazioni;

gli USA controllano il 34% di tutte le esportazioni, e superano del 58% la Russia, secondo esportatore; rispetto al quinquennio precedente, hanno aumentato del 25% le loro esportazioni;

– mentre Russia e Germania hanno diminuito il loro mercato, la Francia l’ha aumentato del 27% negli ultimi 5 anni;

la Cina è al quinto posto, ma con un aumento costante, e ha privilegiato nelle sue vendite paesi come Pakistan, Algeria, Bangladesh;

– il Medio Oriente ha raddoppiato l’importazione di armi in meno di 10 anni;

Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti sono rispettivamente il 2°, 3° e 4° paese importatore, con un aumento medio del 220% delle importazioni;

– nel periodo 2013-2017 l’India si è affermata come il primo importatore, assorbendo da sola il 12% del volume mondiale;

a sorpresa l’Australia si è assestata come 6° paese importatore.

Foto dal sito grforafrica.blogspot.com