È il tema di una conferenza internazionale che si è tenuta dal 26 al 28 febbraio scorsi a Abuja, capitale della Nigeria. Le acque del lago Ciad bagnano 4 paesi dell’Africa: Ciad, Niger, Camerun e Nigeria. Ma sono acque sempre più scarse. Il lago ha perso il 90% della sua superficie in questi ultimi quattro decenni, per effetto del riscaldamento globale e dell’uso intensivo delle sue acque per l’irrigazione. Ma i partecipanti alla conferenza non si sono confrontati solo sui problemi climatici e ambientali, ma anche su quelli politici e di sicurezza: la regione attorno al lago Ciad è il rifugio dei terroristi islamici di Boko Haram.
Attorno al tavolo si sono seduti scienziati, politici, imprenditori, come pure esperti della FAO e di Ong ambientali, per cercare di elaborare un piano di salvataggio di questo spazio minacciato dalla siccità e dal terrorismo. Alla conferenza è giunto il grido disperato di una popolazione che da decenni si è vista privata delle risorse che le provenivano dal lago e le permettevano di sostentarsi. Molti agricoltori e pescatori, ridotti alla fame, sono stati reclutati con la forza nei due schieramenti che si fanno una guerra nascosta ai media del mondo, ma che ha provocato migliaia di vittime, tra soldati governativi, miliziani terroristi e soprattutto popolazione civile.
Secondo le Nazioni Unite, 2 milioni di persone hanno dovuto fuggire i loro villaggi per ragioni di sicurezza o per mancanza di risorse, e, tra residenti e sfollati, sono 11 milioni coloro che dipendono dagli aiuti alimentari umanitari. Scopo della conferenza è stato di risvegliare l’interesse delle istituzioni internazionali e dei governi su questo angolo del pianeta e sulle condizioni in cui è costretta a vivere la sua popolazione. E più concretamente si è tentato di elaborare un piano di azione per evitare il totale prosciugamento del lago.
Da più di un decennio si studiano le possibilità per far ritornare l’acqua nel lago. La FAO nel 2009 aveva appoggiato un progetto ciclopico, che prevede lo scavo di un canale fino all’Ubangui, affluente del fiume Congo, le cui acque permetterebbero al lago di ritornare a vivere. Il progetto si chiama Transaqua, e l’impresa italiana di costruzioni Bonifica si era incaricata di realizzare i lavori. Bonifica è ritornata alla carica con il progetto, affiancata dalla Cina che propone una joint-venture con la sua società Power China. Uno studio di fattibilità sarà eseguito con la partecipazione congiunta dei governi italiano e cinese.
Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha concluso la Conferenza, alla presenza dei presidenti degli altri 3 paesi toccati dal lago Ciad. Tutti sono stati unanimi nell’affermare che è tempo di passare dalle intenzioni all’azione, e cioè, di intraprendere i passi necessari per realizzare il progetto Transqua, che è certamente ambizioso, ma è l’unica soluzione concreta per la sopravvivenza del lago e delle sue popolazioni, e che è stata sul tavolo di politici e esperti durante tutti questi anni di discussione. I 4 presidenti si sono appellati alla Banca Africana per lo Sviluppo affinché metta il più presto possibile a disposizione del progetto 50 miliardi di dollari. Unanime è stata anche la decisione di realizzare uno studio imparziale previo sull’impatto ambientale di questo progetto.
(MP)