Il 25 maggio di ogni anno viene celebrata in tutto il mondo la Giornata della liberazione africana. Può sembrare strano che tale evento sia festeggiato nei vari angoli del globo, ma basta prendere in considerazione il Panafricanismo per capirne le ragioni.

Un movimento ampio volto all’unità

La Giornata della liberazione africana si ispira alle idee del Panafricanismo, un movimento sia culturale, sia politico sorto alla fine del XIX secolo con l’intento di collegare tra loro, e unire, le diverse comunità africane sparse in tutto il pianeta. Il Panafricanismo considera l’Africa, gli africani e i discendenti degli africani, quindi i figli della Diaspora, come una grande comunità. Si tratta di un movimento che mette l’accento sugli aspetti comuni, a prescindere dalla nazione di appartenenza. È per questo che tra i suoi massimi esponenti troviamo figure non solo africane, come Julius Nyerere, Patrice Lumumba, Kwame Nkrumah e Kwame Toure, ma anche personaggi nati nei Caraibi e negli Stati Uniti, come Marcus Garvey, W.E.B. Du Bois e Malcolm X.

Il Panafricanismo incoraggia sentimenti di unità e di solidarietà tra le popolazioni. Per far ciò, viene riportato alla luce quel passato dell’Africa spesso deformato dalla storiografia dei colonizzatori. Inoltre, sono enfatizzati valori africani, come il comunitarismo, visto come chiara antitesi all’individualismo occidentale. Il movimento panafricanista, sin dalle sue origini, ha coinvolto vari intellettuali e politici di diversa estrazione, talvolta con visioni tra loro diverse, ma tutti accomunati dalla volontà di dare voce, dignità e speranza a un continente, l’Africa, dove tante comunità, nel mondo, hanno le loro ataviche radici. Per capire meglio gli sviluppi del Panafricansimo analizziamone quindi gli albori e quei primi personaggi che ne hanno stimolato la nascita.

Il Panafricanismo di W.E.B. Du Bois

Nato a Great Barington (Massachussetts) nel 1868, William Edward Burghardt DuBois (nella foto qui sopra) è stato uno dei più importanti personaggi della storia dei neri americani. Egli fu il primo nero a ottenere un Dottorato all’Università di Harvard e divenne Direttore del Dipartimento di sociologia all’Università di Atlanta. DuBois ha portato avanti un’attività di ricerca pionieristica sulla comunità afro-americana. DuBois era convinto che le scienze sociali potessero far luce sull’annosa questione razziale, che pesava come un macigno sulla vita dei neri americani. Egli si opponeva anche alla posizione di un altro influente leader nero americano, Booker T. Washington, poiché fautore della cosiddetta “dottrina dell’adattamento”. In base a essa, i neri americani erano esortati ad accettare la discriminazione, per optare invece verso un auto-realizzazione nello studio e nel lavoro, in modo da ottenere rispetto da parte dei bianchi. Per Du Bois, tale dottrina non faceva altro che perpetuare la discriminazione razziale.

Bisogna infatti ricordare che alla fine dell’800 e nei primi decenni del ’900, negli Stati Uniti per un nero era arduo ascendere a livello sociale, era arduo studiare, iscriversi all’Università e svolgere professioni di prestigio. Nel 1905 DuBois fondò il Niagara Movement, e in seguito appoggiò la creazione della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), per lottare a favore dei diritti civili e politici dei neri. Partecipò a diverse conferenze panafricane, fra le quali è opportuno sottolineare quella datata ottobre 1945, organizzata presso Manchester (Inghilterra), a cui presero parte anche Kwame N’krumah, Jomo Kenyatta e George Padmore. Nel corso della sua vita, DuBois si appellò all’unità di tutte le genti di colore per contrastare il razzismo e le pratiche di sfruttamento economico. Nel 1961 si trasferì in Ghana, dove morì due anni dopo.

Le corrente dell’Ethiopianism e del Garveismo

L’Ethiopianism rappresenta un complesso di idee e simboli legati alla visione di un’ancestrale patria degli africani e ha contribuito alla formazione di concetti quali indipendenza e consapevolezza politica all’interno della comunità afro-americana. Trova le sue derivazioni da alcuni scritti biblici relativi al popolo nero degli etiopi e all’esaltazione dell’antica civiltà etiope. Tale corrente politica, culturale e spirituale ha fornito le basi per lo sviluppo di un comune destino e di un senso di identificazione fra gli africani, ovunque nel mondo. Tramite l’Ethiopianism, l’Africa, o meglio ancora, l’Etiopia, divenne una sorta di patria biblica, un luogo dove poter ricercare le radici culturali e spirituali africane.

Il Garveismo è un movimento, spesso definito Back To Africa, promosso da Marcus Garvey (1887-1940) agli inizi del ’900, col quale veniva auspicato un ritorno dei neri alla loro patria ancestrale, l’Africa. Dopo aver viaggiato nel Sud, nel Centro-America e in Inghilterra, Marcus Garvey fondò nel 1914 l’African Communities League e l’Universal Negro Improvement Association (UNIA). Quest’ultima si prefiggeva come obiettivo quello di raccogliere fondi per promuovere il ritorno degli afro-americani in Africa. Tre anni dopo, nel 1917, Garvey aprì ad Harlem (New York) una sezione della UNIA. Nel 1919 lanciò la Black Star Line, rete di trasporti il cui fine era stabilire un ponte comunicativo e commerciale fra i neri americani che vissero la diaspora, e gli africani rimasti nella loro madre terra. Fu proprio Garvey, influenzato dallo spirito dell’Ethiopianism, a coniare il famoso slogan “Africa for the Africans”.

100 anni fa il primo Congresso Panafricano

Ricorre proprio nel 2019 il centesimo anniversario che celebra il primo Congresso Panafricano, tenutosi il 19, 20 e 21 febbraio 1919 a Parigi. Un Congresso fortemente voluto da W.E.B. Du Bois e reso possibile grazie al sostegno di Blaise Diagne (1872-1934), nato sull’isola di Gorée (Senegal) e diventato poi un importante politico francese. Diagne fu il primo nero nato in Africa, a essere eletto alla Camera dei Deputati francese. Questo Primo Congresso Panafricano è importante per varie ragioni: si tenne a margine della più nota Conferenza di pace di Versailles; i partecipanti cercarono proprio di influenzare le decisioni prese a Versailles; per la prima volta si parlò di incentivare l’educazione a tutti, in Africa e di stimolare il passaggio all’auto-governo delle colonie.

C’erano tutti i presupposti per incoraggiare la creazione di un’Africa libera e unita. Si comprende quindi come il movimento Panafricano abbia poi stimolato le lotte di liberazione nazionale e appoggiato il movimento di decolonizzazione. Inoltre, da quanto evidenziato, è importante ricordare i forti legami e le reciproche influenze tra l’Africa e la Diaspora africana. Il ponte (the bridge) culturale tra la Madre Africa e le comunità nere americane e caraibiche ha rappresentato e rappresenta un elemento di unione e fattore identitario per ritrovare le proprie radici.

Silvia C. Turrin

Foto: Nanabonsu.com; Nofi.media; Biography.com