«Gesù portaci via dalla strada della prostituzione, perdona i nostri peccati, donaci una vita nuova». Sono alcune delle lettere delle “figlie” di Suor Chiara, la suora francescana scalza che con Suor Marta e Suor Bernarda, aiuta le donne nigeriane vittime di tratta sulla superstrada Catania-Gela, in Sicilia. Le preghiere sono state scritte quindici giorni prima della morte di una delle ragazze su cui sta indagando la Procura di Catania
Le preghiere sono raccolte in un cesto di vimini, dove sopra c’è scritto Jesus listens to you, «Gesù ti ascolta», all’interno di un tendone, trasformato in una sorta di chiesa itinerante, allestito su un curvone della Catania-Gela, la superstrada SS385. È qui che una cinquantina di prostitute nigeriane è costretta ogni giorno a vendere il proprio corpo per pochi euro tra i rifiuti di ogni tipo: materassi abbondonati, vestiti, televisori, siringhe, scarti dei ristoranti, persino le buste sigillate con le cozze.
Una piccolissima parte di quell’ammasso di mondezza oggi è stato spostato al confine del guardrail, grazie all’intervento di pulizia di alcuni volontari, boy scout, medici, anche un migrante, che con guanti, scope e rastrelli, hanno aiutato Suor Chiara a realizzare un piccolo sogno: l’adorazione del Corpo di Cristo sulla strada del dolore. Mentre l’Etna fuma innevato sullo sfondo tra distese di aranci e stormi di uccelli che – a differenza delle autorità preposte alla cura e alla salvaguardia di questi luoghi – sanno che questa è parte dell’Oasi naturale del Simeto e la sorvolano. Mentre il tendone-chiesa viene allestito e qualcuno si avvicina per controllare la zona: «Dovete lasciare libera la strada, per me qui può esserci persino il Papa», dice in stretto dialetto siciliano.
Suor Chiara, insieme a Suor Bernarda e Suor Marta, è più che una mamma per queste ragazze, alcune anche minorenni, arrivate in Italia con il barcone in attesa di chissà quale futuro. Le tre Sorelle Minori del Cuore Immacolato, che per obbedire alla regola di San Francesco d’Assisi, camminano scalze avvolte in un saio grigio-azzurro e con il velo bianco, hanno sposato questa missione da quasi due anni: oltre a rifornirle di cibo, vestiti – eccetto l’intimo perché queste ragazze hanno un grande senso del pudore – e scarpe dal 39 in su, sono riuscite nel 2018 a portare a termine i test dell’HIV che ripetono regolarmente. Un aiuto concreto che si eleva nella sua parte spirituale: «Perché Cristo è qui, nei corpi e nei volti di queste ragazze», ripete Suor Chiara.
Con l’adorazione eucaristica nel tendone – presenziata dal vescovo francescano di Caltagirone, Fra’ Calogero Peri – Suor Chiara ha voluto radunare tutte insieme le sue figlie affidando a ciascuna di loro una frase del vangelo, contenuta in un secondo cesto di vimini dove invece c’è scritto: Jesus speaks to you, «Gesù ti parla».
Le figlie di Suor Chiara leggono scartocciando dei bigliettini i versi di Osea tratti dall’Antico Testamento lì dove sta scritto: «La sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» oppure «Ti farò mia sposa per sempre».
È in questo momento, con il sottofondo delle lodi intonate da Letizia, una volontaria arrivata da Caltanissetta, che le ragazze nigeriane scrivono le loro preghiere con un’accorata richiesta collettiva: «Lasciare la strada della prostituzione per sempre».
Mentre sfogliamo le lettere, ci rendiamo conto di assistere ad un’unica sconfinata preghiera, un’invocazione solenne all’Altissimo intervallata da canti di dolore.
«Gesù ho bisogno della Tua grazia, per la mia vita e quella della mia famiglia, Padre ho bisogno dei documenti, Padre perdona tutti i miei peccati e benedicimi con il tuo sangue, Re della Gloria perdonaci per tutti i nostri peccati».
Scorrendo tra le righe la richiesta di abbandonare la strada si fa sempre più esplicita: «Dio Gesù, vengo a te oggi perché tu mi possa portare via dalla strada della prostituzione per sempre, in attesa che sia fatta la tua volontà io ti rendo grazie», oppure: «Gesù ho bisogno di aiuto, soldi, proteggi la mia famiglia, portami via da questo lavoro».
Altre preghiere sono più brevi, ma ugualmente intense: «Prego per la mia famiglia, per la mia vita, per trovare un buon lavoro»; «Gesù ti darò una nuova vita, aiutami ad avere i documenti»; «Gesù ho bisogno della tua grazia e della tua protezione, abbi misericordia di me, per favore portami via da queste situazioni, mandami il tuo aiuto in questo nuovo anno». E infine: «Dio liberami dal dolore, ho bisogno del tuo aiuto per lasciare la strada. Amen».
Terminata la preghiera, D. che è la più espansiva delle ragazze, si inginocchia davanti all’altare e scoppia in lacrime. Il vescovo Fra Calogero si avvicina e l’abbraccia come una figlia. D. continua a piangere inginocchiata con il vescovo, mentre quell’abbraccio sembra non terminare mai e capisci subito perché Dio si è fermato qui sulla Catania-Gela.
L’adorazione del Corpo di Cristo nella strada del dolore sta per concludersi, ma ci sono altre ragazze da raggiungere, le più timide. Suor Chiara, come fa ogni settimana, si ferma a parlare e pregare con loro. E come ha fatto con le altre, dona loro una crema per le mani e il bambinello del presepe nella culla. «Suor Chiara, prega per me», chiede R. mentre la saluta. Dopo due settimane quella ragazza sorridente, che amava leggere e conosceva bene la civiltà egizia, non c’è più. È morta nel suo appartamento a San Cristoforo, un quartiere malavitoso di Catania dove R. viveva. Sulla sua morte sta indagando la Procura di Catania, ma quel corpo avrà già un nome e verrà celebrato il funerale curato in ogni minimo particolare. Suor Chiara si chiede: «Chissà se in quel rogo il bambinello è rimasto intatto».
Testi a cura di Alessandro Puglia
Foto a cura di Antonio Parrinello
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