L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha destabilizzato non solo l’Europa, ma tutto il mondo, inclusa l’Africa. Già la pandemia ci aveva mostrato come tutto sia interrelato e come le frontiere nazionali siano più labili di quanto appaiono. La stessa considerazione possiamo farla parlando di crisi climatica e così è nel caso della guerra tra Ucraina e Russia, i cui effetti si sentono già anche nel continente africano. Il 24 febbraio 2022, data dell’invasione russa in terra ucraina, ha mutato e sta trasformando molte questioni di carattere non solo geopolitico, ma anche economico e finanziario. Facciamo il punto in questo articolo.

Penuria di grano nel Maghreb?

 

Il grano è un cibo vitale, è un alimento per la sicurezza anche nazionale. Negli ultimi anni, il prezzo del grano è diventato un elemento di forte inquietudine in molti Paesi, in particolare nell’area cosiddetta del Sud del mondo, ovvero Africa, Asia e America Latina. Ritornando indietro a un passato relativamente recente, occorre ricordare l’impennata del prezzo del grano registrata tra il 2007 e il 2008: l’aumento era del 130%. Anche il prezzo del riso e quello del mais erano cresciuti in quel periodo, e lo stesso si può dire dell’olio vegetale. All’epoca l’Onu aveva lanciato l’allarme per la sussistenza degli abitanti di 82 Paesi: oltre la metà si trovava in Africa.

Un’altra crisi recente collegata al grano si è verificata tra il 2018 e il 2019, quando la produzione mondiale ha subito una forte diminuzione a causa della siccità che aveva colpito gli Stati Uniti – tra i principali granai del pianeta – nell’estate del 2018. E proprio nello stesso periodo anche la Russia aveva registrato un calo della produzione di grano, sempre a causa di una forte ondata di calore che ha avuto ripercussioni sul settore agricolo. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta nuovamente creando una serie di problematiche. È opportuno ricordare che entrambe fanno parte del cosiddetto granaio d’Europa e l’Ucraina è diventata il quarto esportatore mondiale di grano. Con lo scoppio del conflitto, il prezzo del grano è aumentato del 38,6% (secondo i dati della Coldiretti).

Tutto ciò ha forti ripercussioni in Africa, soprattutto in quelle nazioni – Egitto, Algeria, Nigeria, Marocco e Sudan –fortemente dipendenti dal grano proveniente dalla Russia e/o dall’Ucraina. La Nigeria, che è il primo paese produttore di petrolio in Africa, sta conoscendo un aumento dei nuovi poveri proprio a causa dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari. Anche la Nigeria produce grano, ma le coltivazioni si trovano in una regione fortemente instabile – a nord, al confine con il Ciad – che vede non solo la presenza di gruppi Jihādisti, ma anche una crisi dell’agricoltura dovuta al processo di desertificazione.

La questione del gas, non solo algerino

 

Prima della guerra tra la Russia e l’Ucraina, il gruppo algerino Sonatrach specializzato in idrocarburi, aveva deciso di investire 40 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2026 nella ricerca e nello sfruttamento di petrolio e di gas. Una decisione in controtendenza di fronte alla crisi climatica in atto e alla necessità di investire maggiormente nelle rinnovabili. Ma questa decisione, alla luce di quanto sta accadendo proprio nell’Europa orientale, appare quasi profetica.

Per effetto delle sanzioni contro la Russia, molti paesi devono cercare nuove, alternative, fonti di approvvigionamento di gas naturale. È il caso dell’Italia, che negli ultimi anni è fortemente dipendente proprio dal gas russo. Per questo il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio è volato in Algeria, dove ha sede Sonatrach, tra le più importanti aziende petroliere al mondo.

Grazie al gasdotto denominato Transmed, che unisce Algeria e Italia, il nostro paese potrà trovare un’alternativa alle forniture di gas russo. L’Africa del nord è un’area dove sono presenti altri giacimenti strategici, a cominciare dalla Libia e dalla Tunisia. Queste tre nazioni del Maghreb che abbiamo citato – Algeria, Libia e Tunisia – non si possono però considerare stabili dal punto di vista geopolitico.

In Tunisia, nel mese di marzo 2022, si verificano manifestazioni che denunciano la “confisca della democrazia” dopo che il Presidente Kaïs Saïed ha deciso – il 25 luglio 2021 – di sospendere i lavori del Parlamento. Un malcontento causato anche dalla crisi economica – tra inflazione, disoccupazione – acutizzata dalla guerra tra Ucraina e Russia, che sta causando penuria di alimenti di base.

L’instabilità della Libia è ben nota, dopo l’uccisione di Gheddafi, poi il colpo di Stato del 2014 del generale Haftar e la fragile unità nazionale con Mohammed Dbeibeh, dal 15 marzo 2021 primo ministro della Libia ad interim.

Anche l’Algeria rimane un Paese a rischio stabilità, dopo il lungo dominio politico del vecchio Presidente Bouteflika, poi sostituito da Abdelkader Bensalah, e dall’attuale Abdelmadjid Tebboune, eletto in una situazione caratterizzata da un’astensione record.

Ecco che ciò che sta accadendo tra Russia e Ucraina ha implicazioni in varie parti del mondo. Per questo occorre seriamente pensare al mondo che vogliamo lasciare alle giovani e future generazioni.

Ci piace concludere questo breve articolo con le seguenti emblematiche parole di Papa Francesco, pronunciate il 1° gennaio 2022, in occasione della Giornata mondiale della Pace:

«Ancora oggi, il cammino della pace, che San Paolo VI ha chiamato col nuovo nome di sviluppo integrale, rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa. Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace.

In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati».

Silvia C. Turrin

 

foto: flickr.com; afrique-agriculture.org