Quest’anno le feste natalizie nella mia parrocchia di Makalondi le ho dovute vivere da lontano. Le ho sentite raccontare a viva voce o telefonicamente dagli amici e dai confratelli che ora si occupano di questa parrocchia, e anche dell’ex parrocchia di p. Gigi, Bomoanga.
Il clima festivo degli anni scorsi è stato certamente smorzato dal clima di insicurezza che regna in tutta la zona di frontiera con il Burkina Faso. Di qua e di là della frontiera quasi ogni settimana sono lanciati degli attacchi armati che hanno come obiettivo soprattutto i militari e le forze dell’ordine, e che hanno già provocato decine di morti.
La messa della notte di Natale è stata celebrata nel primo pomeriggio del 24 dicembre, sia a Bomoanga, come a Makalondi. E ciò per permettere ai fedeli di rientrare a casa con la luce del sole. Nel villaggio di Bomoanga le strade sono in terra battuta, e non sono illuminate di notte, perché non c’è un servizio pubblico di illuminazione elettrica. A Makalondi c’è un generatore elettrico, che fornisce l’illuminazione solo lungo la strada asfaltata.
Le celebrazioni mattutine del giorno seguente, 25 dicembre, hanno visto a Makalondi la partecipazione di molta gente, ma subito dopo Messa, fatti i saluti e gli auguri, ciascuno è rientrato a casa.
A Bomoanga, nella bella chiesa costruita da P. Pierluigi, non c’era un posto vuoto. Ma tutti hanno notato l’assenza delle comunità cristiane dei villaggi più lontani. Le informazioni su quelle zone non sono molto chiare: si dice che siano “zone controllate”, ma non si capisce bene da quali forze.
In certe comunità di villaggio della missione di Makalondi, il Natale ha potuto continuare durante tutta la settimana seguente, come è tradizione, ma quest’anno la gioia è stata un po’ contenuta. È aumentata la paura di subire aggressioni da parte di islamici un po’ fanatici, che, alla luce del loro credo, vedono il Natale come un evento pagano.
Io ho avuto la gioia di celebrare l’Epifania nella mia missione di Makalondi, che è il capoluogo dei gurmancé del Niger. Il vescovo mi ha delegato per conferire la cresima a 66 ragazzi e adulti. La gente attendeva il vescovo, e perciò la bella chiesa di Makalondi era stracolma di fedeli. Molti avevano dovuto trovare un posto fuori, sopportando la bassa temperatura di questo tempo, in cui soffia il vento freddo e secco del Sahara.
La preghiera, i canti e le danze hanno però riscaldato l’ambiente, e offerto un sostegno ai neo-cresimati che si sono impegnati a testimoniare con coraggio la propria fede, in un momento molto particolare come è l’attuale. Dopo la Messa come al solito c’è stato l’incontro di formazione per i catecumeni. Gli altri che non facevano parte di questo gruppo sono rientrati in fretta a casa. C’è sempre tanta paura e sospetto.
Dopo il rapimento di p. Pierluigi e gli attacchi di novembre alla città di Makalondi, io mi devo spostare sempre scortato da agenti armati delle forze dell’ordine. E devo andare e tornare in giornata da Niamey, dove vivo, e da dove parto al mattino presto per le mie visite fuori della capitale.
Il sabato precedente l’Epifania era programmata la festa dei cinquant’anni di creazione della Missione di Makalondi, ma il Consiglio pastorale ha deciso di rinviare questa celebrazione, che si farà, hanno detto, solo dopo la liberazione di P. Pierluigi. E spiegavano la decisione dicendo che una famiglia non può essere in festa quando un membro importante è impedito di parteciparvi.
Per p. Pierluigi, in diocesi di Niamey noi preghiamo ad ogni Messa. La gente, cristiani e non, che ci viene a trovare chiede sempre notizie di lui, ma la nostra risposta, purtroppo, è da quattro mesi sempre la stessa: non sappiamo dove sia e in mano di chi si trovi.
Ogni volta che vado a Makalondi percepisco chiaramente il clima di insicurezza che vi si vive. Ma nonostante ciò l’equipe di cinque preti, diocesani e SMA, di varie nazionalità (4 da paesi africani e uno indiano), continua la sua presenza, e con grande impegno e coraggio garantisce la celebrazione dei sacramenti nelle tre sedi di parrocchia e in alcune cappelle periferiche.
È una piccola presenza cristiana in un paese quasi totalmente musulmano, nel quale la fede si mantiene viva con enormi difficoltà. Ma l’impegno dei nostri cristiani, la loro perseveranza e il loro coraggio sono ammirevoli! Per favore, non dimenticatevi di loro e di tutti noi!
P. Vito Girotto, Niamey, 13 gennaio 2019