Kangni Alem, è nato a Lomè, in Togo, nel 1966. È scrittore, traduttore e critico letterario, oltre che drammaturgo e regista. Si è laureato in Togo in Lettere moderne e in Comunicazione e studi teatrali e successivamente ha ottenuto in Francia un dottorato in Letterature francofone comparate.
È membro del consiglio permanente della francofonia e oggi insegna all’Università di Lomé. Umanista appassionato, è anche traduttore dello scrittore nigeriano Ken Saro -Wiwa.
Nel 1989 ha fondato l’Atelier Théâtre de Lomé (Laboratorio teatrale di Lomé), firmando diverse produzioni, tra cui Chemin de Croix, vincitore del Prix Tchicaya U’Tamsi du concours théatral interafricain e Tombés des mains du soleil (L’Harmattan, 2002)
Nel 2003 ha ricevuto il Gran Premio Letterario dell’Africa nera per il suo libro Cola Cola jazz, pubblicato in Italia da Gorèe editrice nel 2007: “Héloise, giovane meticcia, non ha mai saputo nulla di suo padre se non quello che ha voluto raccontarle la madre. Tuttavia un giorno, questo genitore evanescente esce dall’ombra e la invita a intraprendere il viaggio fino a Tibrava. Ma il padre tanto sognato manca all’appuntamento. Al suo posto, per accogliere Héloise, la sua sorellastra Parisette”.
Nel 2009, per l’editore francese JC Lattès, pubblica il romanzo Esclaves: “1818 Regno di Danhome. Nonostante i trattati di abolizione, il commercio della vergogna prospera. Divora le coste, semina rovina e paura, fa la fortuna dei padroni degli schiavi e dei loro alleati. I più deboli vengono sconfitti, la loro vita sconvolta.”
È il racconto appassionante di un personaggio superbo che ha vissuto la prigionia, il ventre delle navi negriere, il Brasile e i suoi campi di canna, partecipando alle grandi rivolte e ritornando in terra d’Africa, dopo ventiquattro anni di schiavitù, per onorare la memoria del suo re, morto nell’oblio, e per ritrovare un paese che gli era ormai estraneo. Un magnifico affresco sul destino di quelli che chiamiamo afrobrasiliani.
Nel 2015, sempre per JC Lattès, esce La légende de l’assassin :
“Per tre giorni, Apollinaire cerca di comprendere il caso più emblematico che ha perso. Il suo cliente, KA, è stato accusato di un crimine terribile. La cosa sta assumendo proporzioni leggendarie: KA è diventato il criminale più odiato e pubblicizzato nel giovane stato di Tibrava. Il nuovo Paese indipendente, guidato con il pugno di ferro da un dittatore attento all’ordine pubblico, ha emesso una sentenza senza appello. KA è stato condannato a morte senza che Apollinaire possa fare nulla. Ma Apollinaire non vuole andare in pensione senza comprendere questo crimine che lo perseguita.”
L’influenza del vento è un suo racconto breve inserito in Africana, viaggio nella storia letteraria del continente, l’antologia a cura di Chiara Piaggio e Igiaba Scego (Feltrinelli, 2024, pp.230-234).
Il racconto è apparso per la prima volta sulla rivista Marginales nel 2022, in un numero dedicato a mondializzazione e nazionalismi, temi ai quali Alem risponde calandosi nel Togo contemporaneo, nella vita di una famiglia che subisce gli effetti intrecciati di questioni globali e affari locali.
L’incipit del racconto:
“Alexine ricordava la fatica che aveva fatto. Il telefono in una mano, con l’altra forò la plastica della bustina dell’olio appoggiata alla pentola, servendosi di un cacciavite trovato lì. Da quando era scoppiata la guerra, a Lomé l’olio veniva venduto in bustine. Piccole quantità per tutte le tasche, l’unico espediente trovato dai commercianti per fronteggiare i costi vertiginosi delle latte d’olio sul mercato. I prezzi erano aumentati rapidamente, ancor prima che Alexine imparasse a pronunciare Zelensky e Putin, nomi di personaggi di cui non conosceva nemmeno l’esistenza e che ora si diceva fossero in guerra tra di loro. Da un giorno all’altro la parola Ucraina comincio a circolare nel suo quartiere, in televisione, ovunque associata alla penuria di generi alimentari del mercato comunale di Assiyéyé, quello dove andava a fare la spesa. Da una bancarella all’altra tutti aumentavano i prezzi senza preavviso e, quando Alexine se ne lamentava, le rispondevano semplicemente: ah sorella, è la guerra”.
A cura di Maria Ludovica Piombino
Biblioteca africana Borghero