Nata nel 1967 a Pithiviers, in Francia, da madre francese e padre senegalese, Marie NDiaye è una scrittrice molto nota all’estero e vincitrice di numerosi riconoscimenti internazionali.

La sua carriera di scrittrice inizia nel 1985, a soli 17 anni, con la pubblicazione di Quant au riche avenir.  Il suo primo premio importante l’ha vinto, invece, con il romanzo Rosie Carpe, pubblicato in Italia nel 2005 dalla casa editrice Morellini e vincitore, in Francia, del Prix Femina.

Con il romanzo Tre donne forti, tradotto da Giunti nel 2010, ha vinto il Premio Goncourt, uno dei più importanti premi letterari francesi.

Marie NDiaye è una scrittrice discreta e riservata, per quanto di assoluto spessore. Definita di volta in volta “atipica”, “femminista” oppure “impegnata” – lei di se stessa dice “non sono la rappresentante di niente”– nei suoi libri parla in primo luogo di donne e dei difficili rapporti tra le persone.

Il romanzo Tre donne forti racconta tre storie ambientate fra il Senegal e la Francia e legate tra loro dalla forza del coraggio femminile, che riesce a sconfiggere paure, ignoranze e delusioni.

Protagonista del primo racconto è Norah, avvocato che lavora e vive a Parigi e che fa ritorno a casa di suo padre, a Dakar. L’uomo, un tempo padrone ed egocentrico, si è ormai rinchiuso in una follia silenziosa e trascorre le notti appollaiato in cortile sull’albero corallo. Tentando di penetrare nel mistero, Norah sarà assalita dai delitti e dai molti dolori della sua famiglia d’origine.

Nel secondo, Fanta, insegnante di francese a Dakar, deve seguire in Francia il marito Rudy. Succube di sua madre, frustrato e pieno di rabbia, l’uomo non riesce a offrire a Fanta e al figlioletto una vita soddisfacente, ma lei non si darà per vinta.

Khadi Demba, una giovane vedova scacciata dalla famiglia del marito, è protagonista della terza vicenda: poverissima e senza alcun sostegno, cerca di raggiungere in Francia la lontana parente Fanta; nella sua esperienza di migrante, la donna sopporta ogni sorta di dolore senza perdere la propria dignità.

Nel romanzo la famiglia è il regno dell’incomprensione, ma NDiaye afferma: “la famiglia è il mio laboratorio. È qui che sperimento tutti i sentimenti possibili”.

Marie NDiaye è anche una scrittrice di teatro e ha pubblicato una serie  di racconti dal titolo Tutti i miei amici (Dalai editore, 2004). Qui Marie NDiaye racconta storie brevi e folgoranti, i suoi personaggi sono gente apparentemente ordinaria. Ma entrano in scena in momenti fatali della loro esistenza, rivelando all’improvviso il fondo torbido che si è segretamente accumulato nei loro rapporti con gli altri.

Un’amica d’infanzia, un vicino di casa, un figlio troppo amato si trasformano d’un tratto in presenze inquietanti. E quando il destino bussa alla porta, anche i luoghi più familiari diventano minacciosi ed estranei. Periferie urbane, anonimi appartamenti, campagne senza charme: nulla lascia presagire, in questo mondo comune, la tragedia che sta per avvenire.

Nel 2016 Giunti ha pubblicato il romanzo La divine, la storia di una donna che conduce una doppia vita, costruendosi una tranquilla esistenza borghese e proteggendo un’altra, inconfessabile vita. Tre generazioni, una maledizione famigliare da spezzare, una lenta discesa all’inferno.

L’impegno intellettuale non ha impedito a Marie NDiaye di formare una famiglia. Ha sposato lo scrittore Jean-Yves Cendrey e hanno tre figli, conosciuto grazie al suo romanzo Il pensiero dei sensi (Marsilio, 1995).

Ricordiamo ancora, per Bompiani nel 2018, il romanzo La Cheffe, la vita e la carriera della Chef, una cuoca divenuta un mito.

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A cura di Ludovica Piombino, Biblioteca Africana Borghero