L’anno scorso in Marocco ha fatto molto discutere una decisione del Consiglio Superiore degli Ulema (i teologi e giureconsulti dell’Islam) che ha ridefinito il delitto di apostasia, precisando che non si riferisce al cambiamento di religione (dall’Islam al cristianesimo), quanto piuttosto all’alto tradimento del proprio paese. È una decisione importante assunta da questo organo presieduto dal Re del Marocco, Mohammed VI, che sposta questo crimine, passibile di pena di morte, dalla sfera religiosa a quella politica. Gli Ulema, per la loro interpretazione, si sono rifatti ad alcuni hadith (detti) del Profeta Maometto, secondo cui apostati sono quei mussulmani che si alleano con i nemici per complottare contro la comunità mussulmana.

D’altra parte nel moderno diritto dello Stato marocchino non è previsto il crimine di apostasia, quanto piuttosto quello del proselitismo che provoca dei disordini nello spazio pubblico, invocato già varie volte contro dei cristiani di chiese evangeliche troppo attivi nella loro propaganda.

Il Marocco e la Santa Sede hanno relazioni diplomatiche fin dal 1976, e ciò ha favorito nel 1984 il riconoscimento giuridico della chiesa cattolica in Marocco, che vede riconosciuto il suo diritto a esercitare in piena libertà le sue attività religiose, e a gestire in piena autonomia i propri beni, beneficiando di esenzione di imposte.

In generale la chiesa cattolica gode di rispetto e di libertà di azione da parte delle autorità, anche se da parte della popolazione permangono ancora alcuni pregiudizi. Ciò ha portato Mons. Vincent Landel, fino a poche settimane fa Arcivescovo di Rabat, ad affermare: “In Marocco noi cattolici beneficiamo di libertà di culto, benché in un contesto di non-libertà religiosa”.

La rivista dell’Arcidiocesi di Rabat, Ensemble, nel numero di dicembre 2017, presenta alcune esperienze di collaborazione tra cristiani e mussulmani, e mette in rilievo la stima che la presenza della chiesa cattolica riscuote presso le autorità marocchine. Riportiamo queste testimonianze, raccontate da Mons. Vincent Landel.

Il sindaco marocchino paga i restauri di una chiesa cattolica

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A Mindelt, qualche anno fa la diocesi ha donato allo Stato marocchino la chiesa, un edificio ormai vetusto e inutilizzato da anni. Non ci sono più cristiani in quella città e quella chiesa vuota e fatiscente mi riempiva di tristezza. Era già stata fatta la stessa cosa con altre chiese, secondo quanto deciso insieme con i preti e i laici della diocesi. Il sindaco e il consiglio comunale di Mindelt, tutti mussulmani, hanno accolto bene il nostro dono, e in pochi anni hanno ristrutturato la chiesa e le sale adiacenti, e hanno messo tutti quegli spazi rinnovati disposizione delle associazioni.

C’era una grande croce sul campanile della chiesa, e un gruppo di persone voleva toglierla, ma un altro gruppo, composto soprattutto di giovani, voleva mantenerla. E siccome questi ultimi erano la maggioranza, la croce è stata lasciata, ed è ben visibile anche da lontano.

La principessa Lalla costruisce una nuova casa per le suore

maroc-princesse-lalla_zinebUn altro esempio, nella città di Rabat, la capitale e sede della diocesi: la clinica di ostetricia che si trova di fronte alla chiesa di San Francesco. Le suore Francescane Missionarie di Maria che vi lavorano, un tempo vivevano all’interno della clinica, in una casa costruita attorno a una cappella, eretta al momento della fondazione dell’ospedale, più di cent’anni fa. La casa, disabitata da tempo, cominciava a cadere in rovina, e così la principessa Lalla Zineb (vedi nella foto), cugina del re del Marocco Mohammed VI, e presidentessa della Lega Marocchina per la Protezione dell’Infanzia, ha deciso di costruire una residenza del tutto nuova per le religiose.

Le chiavi sono state consegnate alle suore (vedi foto qui sotto) il passato 11 ottobre. marocco-suore-francescane-missionarie-di-maria-2Le suore, che fino ad allora vivevano in un piccolo e povero appartamento fuori della clinica, sono ora alloggiate in questa bella casa, luminosa e confortevole. Ma la cappella non è stata toccata, benché essa, insieme a tutto il complesso della clinica, faccia ormai tempo del patrimonio del Comune di Rabat. Le autorità della città hanno voluto rispettarla, e la principessa ha promesso che provvederà a restaurare anche questo edificio religioso cristiano. E si è così giustificata: “È bene che le suore abbiamo un luogo dove pregare. Dobbiamo essere riconoscenti verso di loro: hanno salvato così tanti dei nostri bambini, da quando più di cent’anni fa hanno inventato l’iniziativa “una goccia di latte” e l’hanno lanciata in tante città del Marocco!”

Conclude Mons. Landel: “Tutti questi gesti ci invitano a rendere grazie al Signore, e a pregare perché queste iniziative di stima e collaborazione dei mussulmani verso i cristiani, ormai una piccolissima minoranza in Marocco, possano continuare!”

Dopo 16 anni di servizio come vescovo alla chiesa marocchina, Mons. Landel ha dato le dimissioni per ragioni di età. Al suo posto papa Francesco il 29 dicembre 2017 ha nominato il padre salesiano Cristobal Lopez Romero, da 8 anni in Marocco, già parroco di Kénitra e Direttore della Scuola Don Bosco e del centro di formazione professionale della JUK-SPEL, nonché Ispettore dei salesiani in Marocco.