P. Silvano Galli ci presenta un adattamento e una traduzione di un vasto studio su Covid-19 e potere curativo e protettivo delle maschere. L’autore, p. Jean-Paul Kpatcha, offre una panoramica sull’uso delle maschere in varie culture, nelle Americhe, in Asia, in Africa. In questo articolo ci limitiamo a presentare alcune tipologie di maschere africane e il loro utilizzo terapeutico all’interno delle varie culture. Per l’integralità dello studio, nell’originale francese, rimandiamo al sito di p. Silvano Galli.

Una maschera che protegge e guarisce, secondo le varie culture

Indossare una maschera è indispensabile quando si è di fronte a un virus come il Corona. Ma la nozione di protezione dell’uomo dalle malattie attraverso l’uso di maschere è una pratica usata da millenni nelle grandi tradizioni delle civiltà del mondo.

Ciò merita un’analisi approfondita per evidenziare come durante la storia umana sono state usate le maschere di fronte a diverse epidemie o patologie. A tale scopo, questo testo propone di rivelare il carattere universale di indossare maschere nelle diverse tradizioni, con i rituali che le accompagnano, e di far emergere la molteplicità delle funzioni di queste maschere all’interno dell’universo empirico e metafisico.

Materiali e fabbricazione molto diversi

Maschera Mbangu della RD Congo

La crisi pandemica ha messo l’accento sull’uso delle maschere, sulla loro fabbricazione, sulle loro forme, sui loro stili e sul contributo di artigiani tuttofare e sarti per fabbricarle. L’origine culturale e le loro caratteristiche determinano le loro funzioni.

Dunque, la maschera chirurgica è definita dal suo uso singolo, poiché mantiene la dispersione delle goccioline respiratorie prodotte durante uno starnuto. Tuttavia, la sua efficacia dipende dal suo disegno, dai materiali utilizzati per la sua fabbricazione, dalle sue dimensioni e dalla sua adattabilità al viso di chi lo indossa. Questa mezza maschera copre il naso, la bocca. Ha un filtro non tessuto che trattiene le goccioline respiratorie dalla bocca. Si consiglia agli operatori sanitari e ai pazienti contagiati di indossarli.

Le maschere “barriera” non mediche sono raccomandate per il grande pubblico. Alle maschere barriera si aggiungono le maschere “fai-da-te”, cucite con tessuto generico e non specifico. A parte la diversità dei materiali e la funzione specifica di ciascuno, la funzione protettiva delle vie respiratorie è comune a tutti questi tipi di maschere.

Ma molto diversa è la finalità delle maschere legate ai riti religiosi delle antiche tradizioni dei  popoli dei cinque continenti, che hanno tutte dei punti comuni.

Maschere diverse per funzione e credenza

Nel corso della loro storia, la maggior parte dei popoli ha sentito il bisogno di creare maschere per invocare divinità o forze soprannaturali, per amministrare la giustizia, per affermare la propria potenza, per accompagnare i riti di passaggio dell’iniziazione o i riti funebri, per il divertimento della comunità, per assicurare la coesione comunitaria. Alcune di queste maschere sono scolpite nel legno, altre sono tessute a mano con materiali vegetali.

Le loro policromie, i loro materiali, le parole che le accompagnano, il loro ruolo simbolico, gli spiriti che incarnano e l’intervento degli antenati, tutto ciò contribuisce al benessere degli umani secondo i codici delle loro credenze.

Il coinvolgimento del corpo umano è essenziale per indossare maschere. Vi sono sfumature nelle funzioni delle maschere, nei metodi e negli approcci di guarigione o protezione di un paziente che esse mettono in atto, e nell’uso degli elementi costituenti il cosmo e la cosmogonia di ogni ambiente culturale. Questo mondo culturale della maschera, manifesta la dimensione universale dei bisogni di protezione contro i germi, fisici e spirituali, che condizionano le ragioni e i modi di indossare una maschera.

Le maschere africane

Maschera Kifwebe della RD del Congo

In Africa, diverse tradizioni hanno usato maschere per curare, proteggere e prevenire. Ma il genio africano è andato oltre la prevenzione e la cura. Ha raffigurato la malattia e la diagnosi. All’interno dell’insieme di rappresentazioni delle maschere che curano o proteggono dalle malattie in Africa, il metodo e l’uso variano in base al paese e al gruppo culturale a cui appartiene l’oggetto. La specificità di alcune maschere africane si esprime attraverso la rappresentazione stessa della malattia e il metodo di eradicazione delle patologie. Le deformazioni fisiche raffigurate nelle maschere sono evidenti, e costituiscono una notevole serie di cultura visiva.

Le immagini di deformazioni rappresentano le forze negative o gli spiriti maligni che intervengono quando i valori morali sono trasgrediti. Queste rappresentazioni raffigurano sintomi debilitanti, come la paralisi facciale o la distruzione del naso e del viso provocata da diverse patologie come la lebbra, la sifilide, il cancro, la framboesia.

Maschere con l’opposizione dei colori bianco/nero

Un esempio di maschera a carattere patologico è quello delle etnie Kwilu e Lwange ( R.D. del Congo) di nome Mbangu. Questo oggetto ha una deformazione facciale. Bicolore e asimmetrico, la maschera ha un lato bianco sano, e un lato nero deforme, con bocca e naso storti, e tracce di vaiolo vicino alle palpebre. La cicatrice facciale da ustione di questa maschera la identifica con la sintomatologia dell’epilessia, descrive una persona che ha avuto un attacco epilettico. Simbolicamente, il rimedio per questa malattia viene dall’opposizione rappresentata dai colori bianco e nero della maschera. Il bianco puro della polvere di caolino viene usato durante il rituale di guarigione, e il nero simboleggia invece la stregoneria e la malattia che il rituale intende guarire.

Questo è anche il caso della maschera del cacciatore, improvvisamente colpito dalla paralisi facciale, probabilmente causata da un malocchio lanciato da uno stregone. Può essere il malocchio di un rivale che per invidia infligge malattie al suo nemico.

Chi indossa la maschera Mbangu esegue la danza con una freccia conficcata nella sua gobba. Allo stesso tempo preda e cacciatore, per mezzo della sua danza evoca il suo desiderio di inseguire gli stregoni e danneggiare quelli che gli hanno fatto del male. Le parole del suo canto invitano il pubblico a praticare la tolleranza, perché nessuno è al sicuro e la malattia può colpire in qualsiasi momento. La danza di Mbangu incita gli individui a riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti delle proprie disgrazie ma anche nei confronti della malattia altrui.

Maschere con poteri di guarigione

Due maschere dell’etnia Songye (più conosciuta come Basonge), sempre in R.D. del Congo, sono identificate come Kifwebe, cioè maschere che fanno riferimento all’etnia Baluba. Queste maschere hanno il potere soprannaturale di guarigione. Durante il rituale di guarigione il divinatore fa tenere la maschera rivolta verso al paziente, mentre lui lotta con la malattia spingedola nel fuoco.

In Nigeria nel 1975, nel villaggio di Izzi, un oracolo aveva prescritto a una donna di indossare una maschera-elmetto, chiamata Ogbodo Enyi. Questa donna doveva portarla più volte nell’anno, per scongiurare un’epidemia che avrebbe causato centinaia di morti di bambini. Gli spiriti degli antenati, incarnati da questa maschera, si prendono cura del benessere degli uomini.

Nell’etnia Ibibio (sud-est della Nigeria) è molto vasto il corpus di rappresentazioni delle maschere relazionate alla malattia. Queste maschere evocano malattie come la rinofaringite mutilante (conosciuta come gangosa), come pure la paralisi facciale (stomatite gangrenosa, o noma), i tumori e il labbro leporino.

I pazienti prendono il nome dalla deformazione patologica. Sono definiti dagli altri “senza naso”. La società segreta Ekpo che detiene i ruoli politico, giudiziario e religioso, è depositaria di queste ripugnanti maschere, conosciute come sidiokekpo. Queste maschere commemorano ogni anno gli antenati.

Antenati buoni e antenati cattvi

Maschera Ogbodo Enyi della Nigeria

Le maschere di aspetto gradevole rappresentano gli antenati buoni, che possono aiutare i loro discendenti; mentre le maschere sidiokekpo simboleggiano la reincarnazione degli antenati immorali. Vestiti con costumi di rafia tinti di nero, i portatori di maschere portano delle armi e ballano in modo irregolare e aggressivo. Causano molta distruzione.

L’oscurità morale di alcuni antenati si riflette nelle deformazioni volontarie delle maschere che illustrano le devastazioni di malattie come la lebbra. Hanno lo scopo di essere il riflesso di questi comportamenti asociali. Queste maschere non sono usate per spaventare i demoni ma per avvisare il pubblico di ciò che può accadere se infrangono le regole. Queste maschere nere grottesche, brutte e distorte rappresentano esseri che sono deceduti di morte brutale (esseri socialmente indesiderabili: morte per omicidio o suicidio, esseri che hanno rubato oggetti sacrificali, persone giustiziate per un crimine o che sono morte senza parentela). Questi spiriti ribelli sono destinati a vagare perennemente, senza un rifugio per la notte. Sono conosciuti come Idok Ekpo, o anime dannate, perché possono infliggere malattie e disgrazie a tutti coloro che si allontanano dalla retta via.

Le maschee del popolo Idoma dalla Nigeria

Questi pezzi appartengono a una categoria di maschere rare e antichissime: le maschere-gozzo Aribo, produzione artistica raffinata. Hanno un viso in stile classico ornato da due masse scolpite sotto il mento. Queste maschere, proprie dell’etnia Idoma, avrebbero avuto originariamente un ruolo curativo per le donne che soffrono di questa malattia, prima di assumere più recentemente un carattere ludico.

P. Jean-Paul Kpatcha

missionario SMA, originario del Togo,
studia Arte Africana a Lione (Francia),
è co-direttore del Carrefour des Cultures Africaines,
centro culturale della casa SMA di Lione