Silvia C. Turrin

Gli antichi geografi arabi lo chiamavano “il Paese della grande traversata”. Una definizione legata al territorio e alle caratteristiche paesaggistiche della Mauritania, dove gli spazi desertici dominano incontrastati. Attraversarla, dunque, richiede attenzione, preparazione e un buon spirito di adattamento.

Tra vento e sabbia

Questa nazione africana, che rappresenta un ponte geografico-culturale tra il Maghreb arabo e l’Africa cosiddetta nera, proprio per la sua conformazione territoriale non è mai entrata nei circuiti del turismo internazionale.

Al di là delle difficoltà di un viaggio dove le comodità occidentali sono un lusso e quindi non disponibili lungo i vari itinerari, entrare in Mauritania e conoscerla è una forte emozione piena di sorprese. Si scopre un’Africa ancora immune dalle contaminazioni turistico-commerciali. E si ha l’opportunità di sperimentare tragitti grazie ai quali rivivere memorie di vecchi esploratori e di spedizioni carovaniere altrove quasi del tutto scomparse.

Il percorso inizia dalla capitale, Nouakchott, il cui nome in lingua hassaniya significa “luogo dei venti”. È considerata la città sahariana più grande, dove non ci sono particolari attrattive, se si escludono i mercati e le botteghe artigianali. A Nouakchott le dune di sabbia del Sahara incontrano le acque dell’oceano Atlantico. Merita quindi una visita la costa, le cui spiagge sono affollate di pescatori soprattutto all’ora del tramonto, quando rientrano coi loro carichi di pesce.

La Mauritania è però famosa non per i suoi litorali, bensì per i suoi deserti.

Chinguetti, la Sorbona del deserto

Tra i luoghi più suggestivi vi è l’altopiano dell’Adrar, immerso nelle sabbie del Sahara. Con le sue gole, il movimento costante delle dune e le rare oasi l’Adrar emana un alone di mistero, perché il tempo sembra essere sospeso in un mondo dove l’idea di postmodernità risulta inutile, fuori posto.

Per addentrarsi in questa regione, tappa obbligata è Chinguetti, settima città santa dell’Islam. Fino a qualche decennio fa, era conosciuta solo tra ricercatori, storici e appassionati di Sahara. Quando l’Unesco l’ha dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità, nel 1996, questo piccolo centro urbano – che conta all’incirca meno di 5000 abitanti – è diventato il simbolo dei siti di importanza storico-archeologica minacciati dall’avanzare del deserto.

Un tempo, Chinguetti era un crocevia di genti, commerci, intrecci culturali, nonché luogo in cui i fedeli musulmani del nord Africa si riunivano per compiere il pellegrinaggio alla Mecca. La sua importanza era testimoniata dalle moschee – circa una decina – che erano state edificate. Di quel periodo glorioso, tra il XII e XVI secolo, è rimasto ben poco, ma quel poco è davvero prezioso ed è fondamentale conservarlo, oltre che valorizzarlo.

Il lascito di quell’epoca culturalmente vitale è raccolto nelle biblioteche coraniche, situate nella zona più antica della città, che custodiscono antichi manoscritti. Il loro numero esatto non è facile da stabilire, un po’ perché le varie fonti forniscono dati diversi, un po’ perché non si sa davvero se siano stati catalogati tutti i volumi. Indicativamente, possiamo contare più di 3000 opere nelle varie biblioteche di Chinguetti. Si tratta di libri unici, che sviluppano vari temi, come l’astronomia, la geografia, la teologia, la letteratura. Si ritrovano anche due antichissimi Corani. I manoscritti di Chinguetti sono stati paragonati a quelli, forse più noti, di Timbuctù. Eppure, questo incredibile patrimonio di antiche opere e biblioteche ha reso Chinguetti “la Sorbona del deserto”.

mauritania

Anche a Ouadane aleggiano gli echi della storia e di un tempo scandito da intensi traffici carovanieri. Fondata nel XII secolo da una tribù Berbera, questa città rappresentava un centro del commercio di oro, datteri e sale. Di quell’epoca rimangono solo ricordi. Rimangono case costruite con muri a secco, e poi granai e nicchie ornamentali. Il momento ideale per osservare Ouadane è al tramonto, quando i colori del sole ricreano un’atmosfera di epoche remote.

Tra antiche vestigia e case dipinte

Proseguiamo l’itinerario in Mauritania fermandoci a Oualata, situata nella regione dell’Aouker. Molti esploratori e appassionati di quei paesaggi dominati da mari di sabbia sostengono che proprio in Mauritania, la civiltà urbana del deserto abbia raggiunto il suo massimo splendore. Per esempio, Alain Laurent – filosofo e saggista –  sottolinea l’estrema raffinatezza architettonica di quattro città immerse nelle dune del Sahara: Tichit, Oudane, Chinguetti e Oualata. Quest’ultima è certamente uno dei siti mauritani più suggestivi, grazie alle originali decorazioni che abbelliscono le case del vecchio quartiere.

Bianco, rosso e indaco sono i colori che predominano sulle facciate delle abitazioni, disegnate tradizionalmente con grande creatività dalle donne. Le origini di Oualata risalgono all’XI secolo e secondo fonti storiche il suo nome antico sarebbe stato Birou. La sua rilevanza è sia religiosa, sia commerciale. Infatti, rappresentò uno dei maggiori centri carovanieri, da cui transitavano avorio, pelli, oro e schiavi durante il tragico periodo della tratta. Notevole è stato il suo ruolo come polo della dottrina islamica. Anche nel XXI secolo la sua scuola coranica è tra le più importanti in Mauritania che è uno Stato a maggioranza musulmana.

Non molto distante da Oualata si trova il sito archeologico più famoso della nazione, Koumbi Saleh. Questo luogo è ritenuto capitale dell’antico impero del Ghana, come hanno dimostrato gli scavi avviati agli inizi del ‘900 e i successivi ritrovamenti. Le condizioni climatiche e la perenne mancanza di investimenti hanno bloccato le ricerche archeologiche, arginando anche il flusso dei turisti interessati a far visita a questo centro leggendario legato all’impero medievale del Ghana.

La strada della speranza

Oualata e Koumbi Saleh distano dalla capitale Nouakchott più di mille chilometri. Una lunga distanza che può essere colmata percorrendo la Route de l’Espoir, “la strada della speranza”, che collega la costa occidentale con la parte orientale interna del Paese. La sua costruzione, avviata da una società brasiliana (la stessa che ha realizzato la trans-amazzonica) è iniziata nel 1975 ed è terminata nella metà degli anni ’80. Da un lato, questa lunga carreggiata ha portato benefici, collegando le remote città dell’entroterra, come Néma e Oualata, alla regione che si affaccia sull’Oceano.

Da qui, il suo nome rivela proprio la speranza di aumentare i commerci e le comunicazioni, quindi lo sviluppo della Mauritania. Dall’altro lato, questa strada ha rappresentato una facile via di fuga per quei poveri contadini della zona ai margini del deserto che vedono sotto i loro occhi gli effetti della continua scarsità delle piogge e dell’acqua.

La Route de l’Espoir, che nel tempo ha anch’essa subito gli effetti nefasti della sabbia sahariana, ha così agevolato l’esodo dalle campagne e non ha creato quegli sviluppi economici tanto attesi. Rimane comunque un tragitto importante, anche per quei viaggiatori che desiderano scoprire centri urbani e piccoli villaggi che si trovano lungo il percorso, come Boutilimit, Aleg, Kiffa, Aïoun el Atroûs. Indimenticabile sarà far tappa nelle oasi, esterne alla strada della speranza, come Djoûk e Tintâne, rifugi silenziosi circondati dalle dune del deserto.

Foto: wikimedia commons

Qualche lettura di riferimento per approfondire:

  • Alain Laurent, Desiderio di deserto, Universale Economica Feltrinelli, 2003
  • Vincenzo Francaviglia Romeo, Oualáta. Il Sahara racconta, ed. Gangemi, 2005
  • Théodore Monod, In pieno deserto. Diario di bordo di un viaggio nel Sahara, Bollati Boringhieri, 2010