Medico e missionario comboniano, originario di Como, morì nel 1987 in Uganda, dopo aver speso ogni energia per mettere in salvo dalla guerra civile i pazienti del suo ospedale nel villaggio di Kalongo. Il prossimo 20 novembre sarà proclamato beato.

Dopo due anni di attesa e di rinvii, la beatificazione di padre Giuseppe Ambrosoli sarà celebrata il 20 novembre 2022 in Uganda dove il missionario medico ha speso la sua vita.

P. Giuseppe Ambrosoli era nato il 25 luglio 1923 a Ronago (CO), ed era uno dei figli del fondatore dell’omonima azienda del miele.

Dopo il liceo si iscrisse alla facoltà di Medicina proprio con il desiderio di partire per la missione: “Dio è amore, c’è un prossimo che soffre ed io sono il suo servitore”, spiegò ai familiari.

Nel 1949 entrò tra i missionari comboniani, e fu ordinato sacerdote dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini. Nel febbraio 1956, s’imbarcò per l’Africa dove fu destinato a Kalongo, un villaggio del Nord dell’Uganda.

In pochi anni lo trasforma in un grande ospedale, forma medici e infermieri, trascinando chi lo circonda grazie a quel misto di entusiasmo e competenza e dedizione che si potrebbe chiamare carisma e che gli vale presso la gente del posto il nome di Ajwaka Madid, lo “stregone bianco”. Tutti gli altri lo chiameranno “medico della carità”.

La sua dedizione senza riserve divenne trasparente nel momento più drammatico: il 13 febbraio 1987, nel pieno della guerra civile che flagellava il Nord Uganda, padre Giuseppe fu costretto per ordine militare a evacuare l’ospedale in sole 24 ore. In quella situazione drammatica i collaboratori lo sentirono dire: “Quello che Dio chiede non è mai troppo”.

Dopo aver messo in salvo a Lira il personale medico e i malati, padre Giuseppe riuscì a salvare anche la scuola di ostetricia. Ma questo sforzo minò irreparabilmente la sua salute già precaria: il 27 marzo 1987, appena 44 giorni dopo l’evacuazione dell’ospedale, morì per una crisi renale, pochi minuti prima che arrivasse da Kampala l’elicottero inviato in suo soccorso. Riposa a Kalongo accanto all’ospedale che porta il suo nome.

Per sua intercessione è stato compiuto il miracolo richiesto per la beatificazione. Lucia Lomokol, una donna ugandese di 20 anni, il 25 ottobre 2008 stava per morire di setticemia, dopo aver perso il figlio che portava in grembo.

All’ospedale era arrivata troppo tardi e allora uno dei medici, vista l’impossibilità ormai di alcuna terapia, le aveva posto sotto il cuscino l’immagine di padre Giuseppe invitando i familiari a invocare il “grande dottore”. Quella donna guarì in un modo scientificamente inspiegabile.