Abbiamo chiesto a p. Gigi Maccalli di commentare questa frase di mons. de Brésillac, fondatore della SMA, partendo dall’esperienza del suo rapimento e della sua prigionia
Tornerai ancora a fare il missionario? È la domanda che un giornalista mi ha posto in una diretta radiofonica. Mi sono permesso di correggere il suo dire e ricordargli che io sono missionario e sarò missionario sempre e ovunque per tutta la vita. Questa è la mia vocazione. Troppo spesso si dice: quel prete (o suora o laico) fa il missionario! Come se la missione sia un’attività. Generalmente il pensare comune crede e dice che il missionario va in luoghi lontani e poveri ad aiutare.
Aveva invece visto bene mons. Marion de Brésillac, il fondatore della SMA, che si era appuntato nel suo diario di viaggio, che lui desiderava “essere missionario dal profondo del cuore”. Espressione forte che ci ricorda che la missione è innanzitutto affare di cuore. La missione è il cuore della chiesa e si colloca al cuore stesso della Trinità. Il missionario è dunque icona di questo cuore di Dio che cerca e abbraccia ogni uomo/donna che Dio ama come un padre.
Per questo ho detto (in varie interviste) e lo ripeto, che ero missionario anche in catene. Anzi sono proprio le catene che hanno liberato in me la preghiera del cuore. Mi sono detto: “farò come la piccola Teresa di Lisieux, pomperò preghiera per le periferie del mondo e sosterrò i passi dei missionari del vangelo a partire da questa prigione-deserto”.
I miei piedi non potevano più andare per i villaggi a portare la Buona Notizia, ma col cuore potevo camminare sulle piste e riandare nelle comunità – che citavo per nome – e sostenere con la preghiera i battezzati e i catecumeni di Bomoanga nella loro fede.
Papa Francesco, che ho avuto il privilegio di incontrare, ha sottolineato che la missione non è proselitismo, ma testimonianza. Amo dire – prendendo a prestito l’espressione che è propria a Charles de Foucauld – che il missionario è un fratello universale. Il mio credo missionario poi è ben sintetizzato in questa frase di Francois Varillon (sacerdote gesuita): “ciò che l’uomo umanizza, Dio divinizza”.
Dio non ci chiede di fare miracoli, ma di vivere la fraternità nel quotidiano. Umanizzare le relazioni: incontrare, accompagnare, gioire, danzare e anche soffrire e piangere con l’umanità che incontriamo sul nostro cammino di vita. Dio poi divinizza, cioè fa grandi cose.
Ritornato da questa immobilità incatenata, raccolgo quasi ogni giorno testimonianze di persone e comunità che mi dicono d’aver partecipato di cuore alla mia vicissitudine e d’aver ricevuto molto da questa mia liberazione tanto attesa e sperata. Dio fa grandi cose. È la ‘Missio Dei’ che opera a partire dal nostro cuore offerto e sofferto.
Perché è altresì vero che non c’è missione senza croce. La croce di Gesù ha spezzato le catene dell’odio e della violenza e ha aperto le porte anche della mia libertà.
P. Pier Luigi Maccalli
Guarda il video sulla storia della SMA, prodotto da p. Dario Dozio e Antonio Guadalupi