Al via la missione militare europea Takuba contro i jihadisti del Sahel: sotto la guida francese, contingenti estoni, svedesi, cechi e anche 200 italiani.

Lo scrive l’analista internazionale  Guido Olimpio sulla Rassegna Stampa Internazionale del Corriere della Sera, basandosi su fonti del Ministero della Difesa francese.

Composta da centinaia di uomini delle forze speciali europee, coordinata dai francesi, la missione Takuba (dal nome di uno spadino tradizionale usato dai popoli del Sahel) ha come scopo di contrastare i gruppi jihadisti da anni insediatisi in questa regione impervia dell’Africa.

Questi gruppi di varia affiliazione, Al Qaeda nel Maghreb, Stato Islamico, Boko Haram, sono responsabili di una serie infinita di attacchi ad obiettivi militari, come caserme e avamposti militari degli eserciti maliano, burkinabé e nigerino, ma anche e soprattutto civili, come scuole, centri sanitari, sedi dell’amministrazione.

Ricordiamo che più di 300 scuole elementari e medie sono state chiuse per insicurezza nella regione di confine tra i 3 Paesi.

Daranno il via all’operazione Takuba 60 soldati francesi ed estoni. Seguiranno poi altri 60 provenienti della Repubblica Ceca e 150 svedesi. Sarà poi la volta dei nostri militari, previsti in numero di 200, accompagnati da una ventina di mezzi e otto elicotteri (compresi quelli d’attacco Mangusta).

Altri contingenti si sono annunciati per completare il dispiegamento entro la prima parte del 2021. I militari europei agiranno in coordinamento con i reparti speciali del Mali, nel cui territorio sarà condotta principalmente l’operazione. Ma forniranno appoggio e assistenza anche a reparti dell’esercito di Niger e Burkina Faso, che attualmente hanno seri problemi di reazione agli attacchi ripetuti e devastanti dei jihadisti.

“È evidente che i numeri appaiono quanto mai ridotti rispetto all’area di impegno e alle necessità reali”, osserva Guido Olimpio. Le difficoltà si possono così riassumere, secondo il giornalista:

“1) Territorio molto vasto;
2) problemi logistici pesanti per distanze, logoramento dei veicoli, rifornimenti;
3) formazioni ribelli e islamiche agguerrite, con lunga esperienza e legami locali che ne aiutano le azioni;
4) nodo politico: siamo sempre degli stranieri, sta crescendo l’insofferenza da parte della popolazione del Sahel; anche perché i governi in carica hanno responsabilità e in alcuni casi i loro eserciti si sono macchiati di eccessi/uccisioni;
5) la Francia, che agisce già con l’Operazione Barkane (5 mila uomini), considera la zona come una propria riserva di caccia ed ha lungo posto ostacoli all’intervento di paesi amici”.

Sempre secondo l’analista italiano “Roma ha deciso di partecipare in quanto ritiene importante avere una presenza su un fronte dove si incrociano terrorismo, flussi migratori e traffici che possono avere ripercussioni fino in Europa e lungo le nostre coste”.

Ricordiamo che l’Italia ha già 295 militari in Niger, che svolgono un programma di assistenza e addestramento  all’esercito e alle forze dell’ordine. Inoltre il nostro impegno militare in Africa si estende anche alla Libia, con la gestione dell’ospedale militare a Misurata, e recentemente il nostro Parlamento ha votato una missione di sicurezza e anti-pirateria nel Golfo di Guinea, in particolare al largo delle coste della Nigeria, dove l’ENI ha i suoi giacimenti petroliferi.

A cura p. di Marco Prada

Foto: Ministero della Difesa della Francia