Padre-Sandro-Lafranconi1-300x214Stiamo preparando la notte di Natale. La celebrazione inizierà alle ore 20.

Meglio approfittare della gente prima che il rhum annaffi la gioia della nascita del bambinello. La Messa “in medio noctis” come vorrebbe la liturgia, sarebbe un rischio troppo pericoloso.

Quest’anno, in armonia con il Giubileo della Misericordia, la notte di Natale si svolgerà sul tema della stella. Ciascuno di noi, ogni volta che riesce a mettere in pratica una delle opere di misericordia è una stella che indica dove è Dio che continua a farsi uomo. Forse ti ricordi, come me, quando al catechismo ci sottoponevano alla tortura dell’imparare a memoria le sette opere di misericordia corporale e le sette di misericordia spirituale. In genere ne veniva fuori un “mesedozzo” tra il corporale e lo spirituale e, aimè, era difficile infilarne sette di seguito nel buon senso.

Certo non avrei mai pensato che un giorno in Guadalupa quegli insegnamenti mi sarebbero tornati più che utili. D’altronde debbo ammettere che una scappatina in Google mi è stata utile per rinfrescare ed aggiornare quelle poche reminiscenze che ancora languivano in un angolino della mia memoria da sessantacinquenne.

E comunque coi tempi che viviamo quelle quattordici opere sono delle linee guida che ci aiutano a individuare una strada maestra. E non parlo solo del “sopportare pazientemente le persone moleste” ma anche semplicemente del portare pazienza. Come quel “vestire gli ignudi” (espressione di un italiano ormai un po’ datato) diventa l’invito impellente ad offrire un “abito” a chi è stato denudato nei suoi sentimenti, nei suoi ideali, nella sua dignità. La droga ti lascia “come una pelle di fico” e qui è più facile trovare uno spinello che un buon sigaro toscano. Quanto al dar da mangiare e bere ad affamati ed assetati, quando le famiglie non esistono più o si sono trasformate in contratti “pro tempore”, ti trovi confrontato con bambini e giovani che divorano insaziabili quel poco di affetto che cerchi di mettere a loro disposizione.

E quante notti di solitudini che cercano, appunto, quel poco di “consolazione” (cum-solus) indispensabile per non togliersi una vita che sembra aver perso ogni senso.

E poi vi è quell’azione silenziosa, dietro le quinte, che è indispensabile perchè tutto giri bene sul palcoscenico: il catechismo la definiva come un opera di misericordia spirituale: pregare per il tuo prossimo.

Ti lascio il piacere di interpretare il resto delle opere di misericordia. Io torno a preparare la notte di Natale. Con l’aiuto indispensabile del computer e con tre o quattro video proiettori inonderemo il soffitto bianco e le pareti della chiesa di stelle che girano e si muovono e vanno e vengono volando basso tra la gente prima di rimontare verso il soffitto e continuare mille piroette.

La corale già da tempo “ci dà dentro” e ti assicuro che ritmi e passi di danza non mancheranno. San Bernardo dice, come ben sai, “qui cantat bis orat” chi canta prega due volte. E allora chi canta e danza quante volte prega? Certo molto più di tre volte!

Intanto tra preti ci diamo una mano per le confessioni di Natale: ogni parrocchia ha le sue duecento, trecento persone e quindi ogni giorno abbiamo di che occuparci.

Ora, visto che sto cadendo dal sonno, sarà meglio che metta fine a queste note sconclusionate e cucite assieme come un abito da povero Arlecchino.

Conto più sulla sua Misericordia che non su quello che avrò fatto.

Ciao. Un abbraccione e Buon Natale a tutti.

P. Sandro LAFRANCONI