Cambiare non è poi così difficile come potrebbe sembrare a prima vista. Basta girare la pagina del quaderno sul quale sembra scritta già la nostra storia. Interrompere il flusso, apparentemente determinato, di fatti, eventi e situazioni è possibile. Voltare pagina significa imprimere un futuro differente alla narrazione dominante del presente.
L’irruzione dell’inedito destabilizza piani, progetti, usi e costumi ritenuti fino ad allora inespugnabili. Il nostro tempo che appare ‘normalizzato’ e per così dire ‘predestinato’, è invece marcato da reazioni, sussulti e ribellioni che, a modo loro, vorrebbero girare la pagina della normalità. Le democrazie autoritarie o totalitarie che spuntano ovunque, sono l’ espressione del maldestro tentativo di perpetuare un presente che ha tradito il passato e smarrito il futuro.
Voltare pagina significa credere fattibile un mondo altro. ‘Un mondo di proteste’ è il titolo di un libro, uscito da poco, che elenca e classifica chi ha cercato di voltare pagina. I primi vent’anni del nostro millennio hanno visto crescere le proteste.
Dall’Africa all’Europa, dall’America all’Asia, c’è gente che, dalla strada, ha chiesto democrazia effettiva, lavoro, servizi sociali di migliore qualità, diritti civili, giustizia sociale e la fine di abusi, corruzione e austerità, tra molte altre rivendicazioni.
Ciò che hanno in comune le citate proteste è il fallimento della democrazia e dello sviluppo enomico e sociale, unite nella sfiducia dei processi politici attuali. Il libro citato presenta il risultato dell’analisi delle proteste effettuate tra il 2013 e il 2020 e sottolinea come prevalente la dimensione politica delle manifestazioni. Esse hanno avuto luogo in almeno 101 Paesi e hanno attraversato frontiere.
La domanda di protesta prevalente nel periodo 2006-2020 è stata quella di chiedere l’esercizio di una democrazia ‘reale’. Anche a Niamey, così come in altre capitali del Sahel, ci sono stati tentativi di girare la pagina. Non sono mancate le manifestazioni di protesta legate, in modo diretto o meno, a quanto il rapporto sottolineava e cioè la pratica di una democrazia sinceramente popolare.
Cambiare non è poi così facile come potrebbe sembrare a prima vista. Le democrazie attuali, tropicalizzate, autoritarie o totalitarie, possiedono un arsenale di misure volte a dissuadere chi vorrebbe, impunemente, girare la pagina.
Controlli e azioni preventive sui militanti considerati pericolosi, uso sproporzionato di forze armate, gas lacrimogeni, arresti arbitrari a domicilio o sulla strada e, soprattutto, l’uso della repressione come sistema di controllo sociale. La colonizzazione delle menti va di pari passo con l’addomesticamento (passivo o attivo) della giustizia, unico baluardo contro gli abusi senza limite della hybris (arroganza) del potere.
Eppure, con tutto questo, voltare pagina è necessario e doveroso per chi crede che la vita non è un problema da risolvere, un mistero da scoprire e un’avventura da rischiare. Ogni bimbo che nasce in questo mondo arriva con in mano un foglio non scritto chiamato speranza.
P. Mauro Armanino, Niamey
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