Chi visita il battistero della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma non può non notare un busto un po’ singolare, scolpito con una pietra nera, nella quale sono stati incastonati due bianchissimi occhi.
Raffigura il il primo ambasciatore africano, accreditato presso la Santa Sede, proveniente dal Regno del Kongo: Antonio Manuel Nsaku Ne Vunda. Siamo all’inizio del Seicento.
Il Regno del Kongo era venuto in contatto con gli europei grazie alle esplorazioni portoghesi. Esso comprendeva vasti territori delle attuali Repubblica di Angola, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica del Congo-Brazzaville.
L’amministrazione era suddivisa in sei grandi province: Nsundi, Mpangu, Mpemba, Mbamba, Soyo e Mbata. La capitale del regno si chiamava Mbanza Kongo, tuttora capoluogo della provincia angolana denominata dello Zaire.
Il Re del Kongo Alvaro II aveva inviato un ambasciatore a Roma per parlare della necessità di stabilire delle relazioni dirette con la Santa Sede, per rendere conto al papa dei grandi progressi della religione cristiana in Kongo. Allo stesso tempo voleva far conoscere al papa la necessità di missionari, dato che i pochi inviati dal Portogallo erano insufficienti per occuparsi dei cristiani sparsi su un territorio immenso.
Doveva anche fare la richiesta al papa di un proprio vescovo, che non venisse da Lisbona, e non fosse sottomesso ai portoghesi.
Nsaku Ne Vunda, al momento della partenza doveva avere poco più di 30 anni. A Roma, chi lo conobbe lo descrisse come di nobili maniere, pio e devoto, dotato di energia e prudenza.
Il suo viaggio dal Kongo a Roma non fu molto fortunato. Partito nel 1604, durante la traversata in mare la nave su cui viaggiava fu aggredita dai corsari olandesi. Si salvò rocambolescamente e approdato in Spagna rimase per tre anni ospite dei domenicani quasi senza mezzi di sussistenza.
Nel 1607 finalmente arrivò nella città eterna, ma le sue condizioni di salute erano preoccupanti: divorato dalle febbri e molto debilitato, fu trasportato da Civitavecchia al Vaticano su una lettiga, scortato da soli quattro dei compagni di viaggio rimasti, dei ventisei coi quali era partito.
Papa Paolo V lo affidò alle cure dei suoi medici, ma la sua salute era ormai minata: spirò nel giorno dell’Epifania del 1608. In quei mesi di sofferenza ebbe modo di comunicare il contenuto della sua ambasciata al papa, il quale dedicò molta attenzione alle sue richieste.
Fu seppellito con solenni funerali nella Basilica di S. Maria Maggiore. Il papa stesso ordinò il busto allo scultore Francesco Caporale, che aveva fatto un calco del suo volto, per rendere il più naturale possibile la statua.
Fu fatto anche un affresco nel corridoio che dagli attuali Musei Vaticani porta alla Cappella Sistina: raffigura una visita che il papa all’ambasciatore moribondo.
Un altro affresco che lo rappresenta è nella sala dei Corazzieri nel Palazzo del Quirinale.
Purtroppo dovettero passare trent’anni prima che il dicastero pontificio di Propaganda Fide, fondato nel 1622, potesse erigere formalmente la Prefettura Apostolica del Congo, autonoma dal Portogallo, affidandola ai frati minori cappuccini italiani.
Il Regno del Kongo era avviato a diventare il primo Stato cristiano dell’Africa Subsahariana, ma i colonizzatori portoghesi difesero strenuamente i loro interessi, che contrastavano con la diffusione del cristianesimo in quelle regioni dell’Africa.
Bramosi di avere il pieno controllo del traffico di schiavi e altre mercanzie pregiate, portarono il regno africano alla totale rovina. Sta di fatto che alla fine del secolo 17° il grande Regno del Kongo era ormai ridotto a pochi villaggi intorno a Mbanza Kongo, nell’odierna Angola.
Il sogno di Nsuka Ne Vunda non si realizzò, ma il suo ricordo è rimasto indelebile, quello di un uomo che con tutte le sue forze ha voluto promuovere la fede nelle sue terre, e ha creduto nell’efficacia di relazioni tra popoli e nazioni basate sul rispetto e l’uguaglianza.
P. Marco Prada
Un romanzo recente del congolese Wilfried N’Sondé ricostruisce la vicenda dell’ambasciatore Nkuka Ne Vunda: Un oceano, due mari, tre continenti, 66thand2nd, 2020, 272 pagine.