Originario di Bordeaux (Francia), Jean-Louis Tauran, dal 1973 era a Roma, in servizio nel Corpo Diplomatico della Santa Sede, in particolare nella Sezione che si occupava dei rapporti con gli stati, in pratica il Ministero degli esteri del Vaticano. Fatto cardinale nel 2003 da Giovanni Paolo II, nel 2007 diventa il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Ha avuto un grande ruolo nell’appianare i rapporti con il mondo islamico, compromessi da una controversa citazione di papa Benedetto XVI nel suo celebre discorso a Regensburg.
Numerosi i viaggi che ha effettuato in Africa, proponendo senza mai stancarsi il dialogo sincero e franco con l’Islam, come una delle sfide più cruciali del continente, e una via certa per un futuro di pace.
Da anni la sua salute era in declino a causa del morbo di Parkinson, ma lo spirito e la volontà non gli sono mai venuti meno, come tutti hanno potuto constatare nel suo ultimo viaggio effettuato in Arabia Saudita.
Si è spento lo scorso giovedì 5 luglio.
Vi proponiamo il suo ultimo discorso, quasi un testamento, che ha pronunciato in quel paese, rivolgendosi allo sceicco Mohammed Abdul Karim Al-Issa, segretario generale della Lega Islamica Mondiale, e pronunciato il 15 aprile 2018. Riassume bene tutto il suo pensiero e insegnamento sulle relazioni tra islam e cristianesimo.
Eccellenza, cari amici della Rabita,
la divina Provvidenza che aveva guidato i vostri passi verso Roma per incontrare sua santità papa Francesco e il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso il 21 settembre 2017, ci ha portati a nostra volta in Arabia saudita, culla dell’islam e patria dei due più importanti luoghi santi per i musulmani: la Mecca e Medina. È verso la Mecca che i musulmani si voltano, ovunque si trovino nel mondo, orientandosi così verso il volto di Dio Onnipotente; è a Medina che milioni di musulmani vanno per il hajj o l’umrah.
I nostri luoghi santi, che siano in Terra Santa, a Roma o altrove, così come i molti santuari nei quattro angoli del mondo, sono sempre aperti per voi, nostri fratelli e sorelle musulmani, così come per i credenti di altre religioni e per ogni persona di buona volontà che non professa alcuna religione.
Promuvere la conoscenza e combattere i pregiudizi
In molti paesi, anche le moschee sono aperte ai visitatori. È questa ospitalità spirituale che aiuta a promuovere la conoscenza e l’amicizia reciproche e a combattere i pregiudizi. Eccellenza, dalla sua nomina a capo della Lega musulmana mondiale, lei ha lavorato instancabilmente, con zelo, determinazione e con un grande senso di apertura. Non farò qui l’elenco di tutte le iniziative che lei ha portato a compimento, ma sono ben consapevole che lei stai facendo del suo meglio per far conoscere il nome dell’organizzazione Rabita e il suo programma, in relazione a ciò che il nome rappresenta.
Il termine arabo “rabita” significa legame. Ciò vuol quindi dire promuovere relazioni, costruire ponti, un concetto caro al santo papa Giovanni Paolo II così come a papa Francesco. Questo è esattamente ciò che lei fa non solo tra i musulmani, ma anche con i credenti di altre religioni, specialmente i cristiani.
La religione è ciò che le persone hanno di più caro. Questo è il motivo per cui alcune persone, quando costrette a dover scegliere tra il rinnegare la propria fede e perdere la vita, preferiscono rimanere fedeli al proprio credo, accettando di pagare il prezzo più alto: quello della vita. Sono i martiri di tutte le religioni e di tutti i tempi.
Deviazioni da una sana comprensione della propria religione
Siamo consapevoli che in una comunità di credenti, che pure fa riferimento a una unica religione, ci sono diversi approcci a questa religione. Ecco perché in ogni religione ci sono persone radicali e, fortunatamente, altre moderate. Le persone radicali, fondamentaliste o estremiste sono senza dubbio persone zelanti, ma che purtroppo hanno deviato da una sana e saggia comprensione della loro religione.
Inoltre, considerano cattivi credenti, miscredenti, kuffar, chi non condivide la loro visione della religione. Questi kuffar devono convertirsi o essere eliminati, al fine di mantenere la purezza della religione. In nome della religione, questi fratelli e sorelle perduti possono facilmente passare dal radicalismo alla violenza, incluso il terrorismo. Queste persone sono convinte, o vengono convinte con un lavaggio del cervello, di servire Dio!
La verità è che non fanno del male che a se stesse, distruggendo gli altri, danneggiando l’immagine della loro religione e dei loro compagni di fede. Queste persone hanno bisogno delle nostre preghiere e del nostro aiuto per ritornare alla ragione, alla normalità e a una sana comprensione della religione.
Noi cristiani e musulmani amiamo la nostra religione e vorremmo che gli altri vi aderissero. Lo consideriamo come nostro dovere di credenti. Per i cristiani, è missione o evangelizzazione; per i musulmani, è da’wa. L’ordine dato dal Corano: “Chiama alla via del tuo Signore con la saggezza e l’esortazione” (16,125), è una regola che i cristiani possono accettare. Questa regola esclude certi atteggiamenti e pratiche e ne impone altre: è l’etica della missione.
Escludere ogni tentativo d’imporre agli altri la propria religione
Il nostro comune accordo su questa etica è di primaria importanza per relazioni che siano rispettose e pacifiche. Ciò che deve essere escluso dalla da’wa e dalla missione è il tentativo d’ imporre la propria religione agli altri: la religione può essere proposta, mai imposta, e quindi accettata o respinta. La minaccia rientra nella categoria dell’esercizio della violenza per ottenere conversioni. L’affermazione coranica “non v’è costrizione nella religione” (2,256) è fondamentale per la libertà di coscienza e di religione.
Se accettiamo restrizioni e divieti in materia di religione, un’altra regola è quella di non acquistare le conversioni, offrendo denaro o privilegi come un lavoro, una promozione, borse di studio. Pertanto, concedere aiuti umanitari e usare la religione come moneta di scambio non è etico e non dovrebbe essere accettato. Una persona nel bisogno deve essere aiutata dal credente per amore di Dio, li-wajh Allah, e dell’umanità.
Un altro ambito in cui dobbiamo trovare un accordo è l’elaborazione di regole comuni per la costruzione dei luoghi di culto. È un ambito nel quale ci sono state molte tensioni nel passato tra le nostre due comunità. Un luogo di culto deve rispondere al bisogno reale di una certa comunità religiosa d’avere un luogo appropriato per accogliere la preghiera pubblica. La costruzione di luoghi di culto deve essere in armonia con il paesaggio urbano e rispettare le leggi degli stati relative alla pianificazione urbana. In questo caso, la religione non è al di sopra della legge, ma vi deve obbedire.
No a discriminazioni tra praticanti di religioni diverse
Tutte le religioni devono essere trattate equamente, senza discriminazioni, perché i loro seguaci, così come i cittadini che non professano alcuna religione, devono essere trattati allo stesso modo. La “piena cittadinanza” di tutti i cittadini è la base in tutti i paesi il cui carattere multi-religioso e multiculturale continua a crescere. Quindi diventerà chiaro che i credenti, tutti i credenti, sono anche cittadini. E così, non si dovrà scegliere tra essere un cittadino o essere credente: si è cittadini e credenti.
Le “regole” e i principi che propongo sembrano giusti. Rendono semplicemente credibili noi e le religioni a cui apparteniamo. Ne siamo tutti consapevoli: usare due pesi e due misure danneggia l’immagine di persone, comunità, paesi e religioni. Inoltre, se noi non vietiamo queste disuguaglianze di trattamento come credenti, istituzioni e organizzazioni religiose, alimenteremo, certo senza rendercene conto, l’islamofobia e la cristianofobia. Per dirla in modo più positivo, la regola d’oro presente nell’islam, nel cristianesimo e nelle altre religioni, ci inco-raggia a trattare gli altri come vorremmo essere trattati.
Eccellenza, cari amici, negli ultimi 50 anni sono stati superati molti ostacoli, come per esempio la distinzione tra proselitismo e missione. La testimonianza reciproca e la preghiera gli uni per gli altri sono sempre più presenti. Di fronte a una crisi culturale che ha cambiato il mondo e in un tempo in cui i valori sono crollati, abbiamo visto un ritorno dell’irrazionale. In tale contesto, i leader spirituali hanno un dovere: impedire che le religioni siano a servizio di un’ideologia.
Un altro dovere dei leader religiosi è l’educazione: è un obbligo.
I terroristi in nessun modo possono essere giustificati
Dobbiamo essere pedagoghi e dare prova di lucidità. L’onestà ci costringe a riconoscere che alcuni dei nostri correligionari, come i terroristi, non si comportano correttamente. Il terrorismo è una minaccia permanente, quindi dobbiamo essere chiari e non cercare mai di giustificarlo con motivazioni religiose.
I terroristi vogliono dimostrare che è impossibile vivere insieme. Noi crediamo esattamente il contrario! Dobbiamo rifiutare l’aggressione, l’ignoranza e la denigrazione delle altre religioni. Il pluralismo religioso è un invito a riflettere sulla nostra fede, perché ogni autentico dialogo interreligioso inizia con la proclamazione della propria fede. Noi non diciamo che tutte le religioni sono uguali, ma che tutti i credenti, tutti i cercatori di Dio e tutte le persone di buona volontà che non hanno un’appartenenza religiosa, hanno pari dignità. Tutti devono essere liberi di abbracciare la religione che desiderano. Ciò che ci minaccia non è lo scontro di civiltà, ma piuttosto lo scontro di ignoranze e di radicalismi.
Ciò che minaccia la convivenza è soprattutto l’ignoranza; perciò incontrarsi, parlare, conoscere, costruire qualcosa insieme sono altrettanti inviti a incontrare l’altro, e anche un invito a scoprire noi stessi. Uniamo quindi i nostri sforzi affinché Dio che ci ha creati non sia motivo di divisione, ma di unità.
Pace tra cristiani e musulmani condizione per la pace nel mondo
A questo proposito è con gratitudine a Dio Onnipotente e con gioia che il Pontificio consiglio prende atto degli sforzi della Rabita per mantenere relazioni positive e costruttive con i credenti di altre religioni, in particolare i cristiani. Incoraggiamo e sosteniamo anche questi sforzi perché, accanto ad altri, esistono tra noi legami spirituali e religiosi a motivo del gran numero di musulmani e cristiani nel mondo, e per il fatto che in definitiva vivono insieme in molti paesi.
Dobbiamo scegliere tra relazioni pacifiche e amichevoli o, Dio non voglia, relazioni conflittuali. La pace nel mondo dipende molto dalla pace tra cristiani e musulmani! La firma della dichiarazione d’intenti tra Rabita e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso è un passo significativo sulla strada della fraternità, dell’amicizia e della collaborazione in cui siamo fermamente impegnati. Possa Dio benedire i nostri sforzi per la sua più grande gloria e per il bene dei musulmani e dei cristiani, e dell’umanità intera!
Grazie, Eccellenza, per la sua gentilezza, la sua generosità e amicizia che sono così care a tutti noi! La nostra gratitudine va anche a tutta la sua équipe.
Cardinal Jean-Louis Tauran