Anche se qui la malaria uccide più del coronavirus, i nostri habitat e delle nostre condizioni di vita non agevolano certo il distanziamento sociale, quindi dobbiamo solo pregare che il Covid-19 non giunga qui con la stessa virulenza con cui è arrivato da voi in Italia. Sarebbe davvero un’ecatombe.
I segnali però non sono buoni, da alcuni giorni si è avuto un incremento dei contagiati e il Governo ha decretato il lockdown della regione di Luanda e di un’altra zona nell’interno.
Aumentati tamponi e test sierologici. Le scuole sono chiuse – l’anno scolastico qui va da febbraio a novembre – e nella capitale i mercati rimangono attivi per pochi giorni la settimana.
Chiese di Luanda chiuse, le nostre all’interno rimangono aperte ma con grosse restrizioni. Fino a poche settimane fa non avevamo un grande numero di casi riconosciuti perché il governo ha agito con tempestività, fin da fine marzo, dichiarando lo stato di emergenza obbligando coloro che non svolgevano attività essenziali a rimanere in casa, limitando l’apertura di negozi e mercati, rendendo obbligatorio l’uso della maschera e l’igienizzazione delle mani prima di entrare in uffici, negozi e mercati.
I casi oggi sono purtroppo in aumento e sale la preoccupazione. Nei primi mesi la gente ha rispettato, per quanto possibile le disposizioni governative sulla quarantena, ma ora si nota un certo senso di stanchezza e di rilassamento nel rispetto delle misure di prevenzione.
In ogni Regione il Governo ha predisposto un ospedale per l’accoglienza di eventuali casi e ha costruito ospedali da campo dove le strutture non erano sufficienti. Si è fatto un grande sforzo per importare materiale di prevenzione, medicinali e dispositivi di protezione.
Le nostre comunità sono formate da famiglie povere. Sono le donne che spesso sostengono l’economia familiare, lanciandosi nel piccolo commercio, fisso o ambulante.
Il fatto che l’accesso alla capitale sia rimasto chiuso, ha compromesso l’economia delle famiglie. Siamo ora nella stagione secca, con piogge previste solo in ottobre ed è molto grave il problema dell’acqua, che si compra all’ingrosso da camion cisterna o al dettaglio, ma sempre a caro prezzo.
È poi terribilmente complicato arrivare in ospedale, sia per le limitazioni imposte ai mezzi di trasporto, sia perché l’attenzione nei nosocomi è concentrata sul coronavirus.
In questi mesi di chiusura abbiamo invitato le nostre famiglie a sentirsi chiesa domestica vivendo in casa momenti di preghiera e di meditazione della.
Certo queste settimane sono state una sfida per vivere una fede più personale, radicata nella vita di ogni giorno. Con il sostegno di benefattori italiani, la nostra Caritas ha potuto venire incontro a situazioni di bisogno, distribuendo pacchi alimentari ad anziani e famiglie, aiutando per l’acquisto di acqua e di medicinali, producendo e distribuendo mascherine.
Abbiamo pregato per voi che siete in Italia, e la gente, preoccupata da quanto dicevano i telegiornali, chiedeva vostre notizie nei mesi scorsi.
Adesso che da voi il pericolo sembra passato, vi chiedo di non dimenticatevi di pregare per noi, perché qui temo che il peggio non sia ancora arrivato.
P. Angelo Besenzoni,
Musseque-Kikoca, periferia di Luanda, Angola