P. Rafael Casamayor, missionario SMA spagnolo, è responsabile della missione di Dosso, nel sud del Niger, al confine con il Benin. Racconta le difficoltà nel trovare cibo dopo la chiusura delle frontiere nel paese a seguito del golpe.
“Nonostante l’incertezza in cui vive il Paese dopo il colpo di stato dello scorso 26 luglio, continuiamo a lavorare.
I raccolti in tutto il Sahel sono rovinati e la chiusura delle frontiere, soprattutto quella del Benin, fa sì che il cibo diventi sempre più scarso e che i prezzi aumentino in modo allarmante.”
Padre Rafael Casamayor, missionario SMA nella comunità di Dosso, diocesi di Niamey, e spiega la campagna che stanno organizzando nella missione per fare fronte alla carestia.
“Il Niger è rimasto isolato in un momento così delicato e difficile a causa della mancanza di piogge, degli scarsi raccolti, della scomparsa degli aiuti internazionali e della chiusura delle frontiere in un paese dell’entroterra. In questo contesto, nella nostra missione di Dosso ci stiamo impegnando ad aiutare le famiglie più disagiate che già vivono situazioni difficili, ora per loro quasi impossibili. Abbiamo deciso di farlo nel modo più discreto possibile per non creare tensioni all’interno della comunità, come sembra essere successo in altri tempi. Saranno responsabili le quattro comunità di base della missione, che sono quelle che conoscono realmente la situazione delle famiglie più svantaggiate. La nostra intenzione è quella di organizzare diverse distribuzioni secondo le nostre possibilità e gli eventi in questo tempo molto incerto.”
Il Niger fa parte del Sahel, una vasta area compresa tra il deserto del Sahara e la savana africana dove si trovano i Paesi più poveri della terra. Il cambiamento climatico sta influenzando fortemente questo immenso spazio dove i raccolti stanno diventando più scarsi e le carestie più ricorrenti. Quest’anno sembra essere un esempio concreto, le piogge sono state insufficienti e i raccolti sono andati distrutti in aree molto vaste.
“Ad aggravare la situazione, dopo il colpo di Stato del 26 luglio sono state chiuse le frontiere con i paesi OCSE, soprattutto con il Benin, da cui proviene la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari. Sono stati eliminati anche gli aiuti di molte organizzazioni internazionali, con il conseguente aumento dei prezzi dei generi alimentari di base, la difficoltà a reperirli e la minaccia di carestia per i più poveri che ha già cominciato a farsi sentire.
Con il consiglio parrocchiale della nostra missione abbiamo studiato un progetto su come poter intervenire. Qui siamo tutti poveri, a cominciare da tutti i membri della comunità cristiana, ma nessuno si è tirato indietro. Chiederemo aiuto per i più bisognosi, cristiani o musulmani, i più poveri della città. Ma dovremo tenere conto che potremmo generare grossi problemi di gelosia, invidia, privilegi all’interno della comunità.
Per questo motivo abbiamo deciso di affidare il progetto alle 4 comunità di base che conoscono i quartieri e le persone. I responsabili stileranno con discrezione un elenco delle famiglie in situazione di fame e si occuperanno nella maniera più riservata della distribuzione. La prima è stata fatta la scorsa settimana di notte, nei luoghi più remoti, piccoli e umili con le persone più semplici, sorprese, che nel vederci ci hanno accolti dicendo: ‘È Dio che vi manda a casa nostra. Non potete immaginare la situazione che stiamo vivendo’.
Siamo tornati alla missione nel cuore della notte, emozionati e pieni di felicità con l’intenzione di tornare il mese prossimo. Così andiamo avanti e continueremo, a Dio piacendo”.
Notizia da Agenzia Fides