“Chiesa in uscita”, “Io sono una missione”, “La gioia del Vangelo” … cosa significano concretamente questi slogan che sentiamo spesso ripetere da papa Francesco e che ci toccano da vicino? Soprattutto quando constatiamo la difficoltà di essere cristiani in un mondo che non lo è più! Occorre andare lontano per essere missionari? La testimonianza di P. Dario Dozio.
Ho passato trent’anni in Costa d’Avorio come missionario SMA. I primi quindici nella diocesi di Bondoukou, in una zona rurale, con pochissimi cristiani. Non avevo neppure la chiesa: celebravo messa in una stanza o sotto un albero di manghi.
Tra le cose belle che mi hanno colpito in quegli anni, e che conservo ancora come ricchezza dalla missione, è stata la necessità di tradurre la Parola di Dio nella lingua locale: il kulango (una delle 70 lingue parlate in quel paese). Non avevo a disposizione né vocabolari né grammatiche… ma è stata una bellissima esperienza di contatto e di lavoro con la gente.
Mi sembrava di ritornare bambino: dovevo imparare a parlare, comportarmi secondo le usanze locali… soprattutto ascoltare. “Il pulcino che segue la chioccia mangia cosce di cavalletta” è stato il primo proverbio che mi hanno detto: era l’invito a seguire l’esperienza degli anziani, chiedere il loro consiglio, partecipare alle feste di villaggio, alle cerimonie tradizionali… cercando di capire quel mondo così diverso dal mio. E un po’ alla volta ho gustato la bellezza e la ricchezza della loro cultura. Mi è stata quindi necessaria una duplice simpatia e fedeltà: al mondo tradizionale in cui mi trovavo a vivere e alla Parola di Dio che avevo la fortuna di annunciare.
Un secondo periodo missionario l’ho passato a San Pedro, città con 300.000 abitanti. Sono stati anni duri, in contatto con tanta miseria e povertà, lunghi periodi di combattimenti in una guerra civile che è durata dieci anni, con centinaia di rifugiati che arrivavano ogni giorno per fuggire ai massacri… mentre i responsabili civili e i commercianti europei erano scappati.
Noi missionari cattolici, preti e suore, siamo rimasti con la gente. Restare, anche in quelle situazioni, senza poter far niente, ma condividendo la vita con tutti, ha fatto conoscere il sapore del Vangelo. Anche in quei momenti pericolosi, ho trovato le chiese piene di giovani, Eucaristie partecipare e gioiose, tantissime domande di battesimo… E quando la gente vedeva la mia meraviglia, diceva: “Il buon cibo attira la sedia al tavolo”.
Più delle prediche o delle costruzioni, parlava la vita fraterna. E questo era stimolo anche per noi preti che vivevamo in comunità di due o tre per missione: la gente ci guardava e diceva: “hanno la stessa bocca.”. È stato uno dei più bei complimenti che ho ricevuto.
E ora, tornato in Italia, trovo una Chiesa in stato di missione. Viviamo un cambiamento d’epoca con molti aspetti preoccupanti: una grave crisi di fede, parrocchie senza giovani, famiglie in grave sbando, seminari vuoti… Incontriamo gente sempre più povera, l’arrivo di migranti spaventa, molti sono depressi, hanno paura… Eppure, anche questa situazione presenta un’opportunità straordinaria, simile a quella che ho vissuto in Africa: la bellezza del primo annuncio. Se oggi molti ignorano il Vangelo o sono indifferenti, abbiamo il privilegio di poterlo raccontare in tutta la sua freschezza e novità.
Sta a noi accendere nel cuore la meraviglia dell’incontro con il Signore. Possiamo pensare a un’occasione migliore? Invece di lamentarci o di rimpiangere il passato, chiediamoci: come fare oggi per raggiungerla? Liberiamoci dalle paure, dai pregiudizi, dal “si è sempre fatto così.” La Chiesa è un corpo vivo, lo Spirito agisce ancora!
È davvero impossibile provare, tentare, inventare qualche cosa di nuovo? Annunciare il Vangelo in un linguaggio comprensibile a tutti, una liturgia che tocchi il cuore della gente, una fede attenta ai problemi del nostro mondo? Un laicato che prenda finalmente le sue responsabilità? Una fraternità tra sacerdoti che manifesti la bellezza della fede? Insomma: abbiamo la fortuna di vivere un’epoca straordinaria: la missione a km 0.
P. Dario Dozio