Dalla missione di Monasao, p. Davide ci racconta la sua esperienza di missionario e insieme di infermiere. Vista la sua formazione infermieristica, gli è stata affidata la direzione sanitaria dell’Ospedale Territoriale, situato a Monasao, e fondato dai missionari SMA.
Quando sono approdato alla SMA per la seconda volta, nel 2017, dopo una prima esperienza nei lontani anni 90, ero, sì, determinato ma anche un po’ amareggiato perché percepivo una sorta di vuoto, come la sensazione di avere perso tempo…
Poi, col passare del tempo, ho fatto pace un po’, con questi sentimenti, prima di tutto perché in fondo, in quei 20 anni ho lavorato, ho studiato, mi sono fatto delle competenze, nel mio lavoro e in campo musicale; in secondo luogo, mi sono detto che ciascuno ha il proprio cammino, per qualcuno è più lineare, per qualcun altro è più tortuoso, ma non è scritto da nessuna parte che per seguire una vocazione si debba per forza essere giovani…
Con questo atteggiamento ho cercato di percorrere gli anni di formazione restanti, fino alla mia ordinazione e alla partenza (quasi immediata) per la Repubblica Centrafricana.
Il bilancio del mio primo anno in Centrafrica
Ora mi trovo qua da un anno e traccio un mio primo vero bilancio di quello che faccio e di quello che sono…
Una volta, a qualcuno che mi chiedeva se mi sentissi più infermiere o più musicista, avevo risposto (scherzando, ma non troppo) che sono un musicista intrappolato nel corpo di un infermiere…
Adesso sono musicista e infermiere e prete, in un unico corpo in cui questi tre aspetti della mia persona si possono fondere armoniosamente.
Un tempo mi chiedevo cosa avrei fatto come prete, consapevole come sono dei miei limiti: a volte sono poco comunicativo, fatico ad avere a che fare con i giovani, sono di poche parole e mi rendo conto che, invece, spesso la gente ne ha bisogno… Non sono limiti da poco!!!
Però, la vita mi ha preparato a qualcosa di diverso, grazie a quegli anni “persi” in cui ho appreso una professione, delle conoscenze e delle competenze che, come prete, posso sfruttare in maniera un po’ “alternativa”.
Gestione dell’ospedale territoriale
Nella parrocchia di Monasao, dove mi trovo, in mezzo ai Pigmei (che qui si chiamano Bayaka) ci sono tante strutture, grazie al lavoro di chi era già qui prima di me. Una delle più importanti è sicuramente l’ospedale.
Il nostro piccolo ospedale territoriale è diventato di mia responsabilità; grazie al mio titolo di studio è potuto crescere di livello, passando da “Poste de Santé” a “Centre de Santé”, per la presenza, come dicono qui, di personale qualificato (cioè laureato).
Il lavoro sanitario occupa una gran fetta del mio tempo. Il primo ruolo è amministrativo e gestionale, un misto fra un caposala e un direttore di presidio; in questo senso, il mio impegno è volto soprattutto a migliorare la qualità del servizio, creando strumenti, organizzando il lavoro, responsabilizzando il personale perché impari a lavorare con ordine e metodo, tutte cose che nella nostra formazione infermieristica ci sono state inculcate fin da subito e che sono entrate a far parte, non solo del mio modo di lavorare, ma anche del mio modo di pensare.
L’altro aspetto è quello della cura e dell’assistenza dirette. Un po’ medico e un po’ infermiere…
Molte volte l’infermiere è costretto a fare il medico!
Qualcuno, probabilmente rabbrividisce sentendo che faccio il quasi-medico, ma qui funziona così: il medico è una bestia rara che si trova solo negli ospedali più grandi; la cura (quindi anche diagnosi e conseguente prescrizione) è affidata a personale sommariamente formato e, in qualche caso più fortunato ad un infermiere diplomato, che è già tanto per lo standard del paese.
Questa è la parte più significativa del mio lavoro, quella che mi mette a contatto quotidiano con la gente e che mi permette anche di accompagnare il personale più da vicino, non impartendo ordini ma lavorando al loro fianco.
Il tema della salute è un tema scottante in questo paese! La gente non si cura, arriva all’ospedale solo quando non ha più alternativa, seguono male i trattamenti, non rispettano gli appuntamenti, non si rendono conto del significato sociale di una malattia infettiva. Tutto questo a causa della scarsa scuola…
P. Davide Camorani