P. Eugenio Basso condivide con noi i suoi sentimenti, al celebrare il suo 50esimo anniversario di ordinazione sacerdotale, e di servizio alla Missione
La mia vita missionaria è cominciata con l’ingresso nella casa SMA a Genova l’8 ottobre 1968: ho frequentato lì il quarto e ultimo anno di teologia, che è terminato con la mia ordinazione sacerdotale a Frabosa Soprana (CN), il 31 agosto 1969. Il 20 ottobre1969 sono partito per la Costa d’Avorio. Ad accogliermi ad Abidjan c’era p. Giacomo Bardelli. Con lui ho vissuto un anno: mi ha iniziato agli usi e costumi dell’etnia Kulango nella città di Tanda, nord-est della Costa d’Avorio.
P. Giacomo è stato per me “il fratello maggiore che ha insegnato la strada al fratello minore”. L’anno seguente sono andato a studiare ad Abidjan, all’ISCR, Istituto Superiore di Cultura Religiosa, per imparare come incarnare il Vangelo nella cultura africana. In seguito sono stato nella missione di Transua per aiutare un confratello, p. Jules Meyer, anziano ed ammalato, che mi ha iniziato alla cultura degli Abron e mi ha istruito con la sua saggezza sulla vita missionaria.
Il 24 giugno 1972, festa di san Giovanni Battista, sono rientrato in Italia, facendo l’esperienza del viaggio in nave per tre settimane. A Genova sono rimasto per 5 anni, a servizio dell’animazione missionaria in Liguria, e della formazione, accompagnando spiritualmente i seminaristi SMA. Nel settembre 1977 passò in visita alla SMA di Genova il card. Bernard Yago, arcivescovo d’Abidjan, e chiese al nostro superiore p. Carminati se aveva un missionario disponibile per insegnare nel Seminario liceale “Saint Joseph” di Yopougon-Kouté, che apriva quell’anno.
P. Carminati rispose: “Ecco qui un mio confratello – e indicò me. Chieda a lui se accetta”. Ed io ho accettato di servire in quel seminario. Durante la mia permanenza di sei anni ho avuto come superiori tre sacerdoti diocesani, uno ogni due anni, che mi hanno insegnato molte cose sull’educazione dei giovani africani.
Rientrato in Italia nel 1983 sono stato Vice-Provinciale della SMA italiana per 6 anni, dopo di che mi è stato chiesto di andare in un altro Seminario ivoriano, a Katiola, anche qui per sei anni.
Lì ho insegnato religione e latino, e ho fatto direzione spirituale ai giovani. Ho vissuto con confratelli diocesani e missionari SMA, contribuendo così alla formazione del clero locale, come voleva il nostro Fondatore, mons. Marion de Brésillac. Alcuni di questi studenti si sono inseriti con profitto nel mondo del lavoro e nella vita civile, ma molti altri hanno continuato la formazione seminariale, e sono diventati sacerdoti. Di questi, e per me è un grande onore, tre sono diventati vescovi.
Nel 1995 i confratelli della Costa d’Avorio mi hanno eletto loro Vice-Superiore. Questo nuovo incarico mi ha permesso di conoscere meglio il lavoro fatto dalla SMA in quel paese, visitando quasi tutte le parrocchie fondate e rette da padri SMA. Dalla Casa Regionale andavo ad incontrarli sul terreno e a dialogare con i rispettivi Vescovi. Quest’esperienza, molto arricchente, ma a volte faticosa, mi ha permesso di “vibrare” con le gioie e le sofferenze di confratelli impegnati nell’evangelizzazione in periferia.
Rientrato in Italia nel 2001 sono stato vice provinciale per una seconda volta, con l’incarico di seguire specialmente i confratelli anziani e ammalati nella casa di Genova. Nel luglio 2011 mi fu chiesto di sostituire p. Luigi Alberti nella direzione della Casa di Formazione Teologica di Ebimpé (periferia d’Abidjan) per i candidati africani alla vita missionaria nella SMA.
Ogni anno eravamo una quarantina di persone: 4 formatori e più di 30 studenti, provenienti da tredici Paesi africani e anche dall’India. Una grande difficoltà per me e per gli altri formatori era quella, alla fine dei tre anni di Teologia, di valutare chi degli studenti fosse idoneo a diventare membro permanente della SMA, ad vitam, e ad essere ordinato diacono e sacerdote. Praticamente ho trascorso 25 anni in Italia e 25 anni in missione.
Per me è stata un’esperienza di internazionalità, di missionarietà, di vita comunitaria bella ed arricchente, dove ho imparato cosa implica accettare che “io diminuisca e che loro crescano”. Di tutti questi doni, ringrazio il Signore.
P. Eugenio Basso