P. Andrea Mandonico, confratello e condiocesano di p. Gigi Maccalli, che vive e lavora nella casa generalizia della SMA a Roma, ha ricevuto ieri sera una telefonata dal vescovo di Niamey. Mons. Laurent Djalwana Lompo, dopo aver parlato con alti dirigenti della Polizia nigerina, assicura che p. Gigi è vivo, nonostante i disagi della prigionia. La Polizia attende che i rapitori si manifestino e dicano cosa pretendono per il rilascio del loro prigioniero.

Bisogna dire che le forze dell’ordine nigerine hanno una certa esperienza nella gestione dei rapimenti. Sono stati numerosi i rapimenti di cittadini nigerini negli ultimi due anni, tutti a scopo di riscatto, sia lungo la frontiera ovest con il Ciad (riconducibili a Boko Haram), che con quella sud con la Nigeria (per lo più opera di delinquenti). Anche un cooperante tedesco è stato rapito nell’aprile scorso a 350 km a nord-est da Niamey, lungo la frontiera con il Mali, e nella stessa regione, nell’ottobre 2016, pure un cooperante americano. In questi casi i sospetti vertono su estremisti islamici maliani appoggiati da nigerini. Di questi due rapimenti il presidente Issoufou ha dichiarato ancora recentemente di sapere che sono vivi, e che “si continua a lavorare per le condizioni della loro liberazione”.

Le parole del vescovo: “La Polizia assicura che p. Gigi è vivo”, possono quindi indicare che da parte delle forze di sicurezza c’è fiducia che questo caso non è diverso dagli altri, e che i rapitori si faranno vivi per negoziare il rilascio.

Almeno siamo rassicurati che non gli è stato fatto del male durante il rapimento e la fuga.

Ancora questo pomeriggio p. Mauro Armanino diceva che a Niamey l’attesa continua:  i rapitori non hanno ancora stabilito il contatto con la diocesi e l’ambasciata italiana, che segue molto da vicino la vicenda.

Il vescovo di Niamey ha anche fatto intendere che l’esito del rapimento sarà una richiesta di riscatto. Arriverà, ma presumibilmente non nell’immediato. Ci vuole pazienza, e bisogna prepararsi a tempi lunghi.

P. Armanino si sente anche di precisare l’identità dei rapitori. Con molta probabilità sono  appartenenti all’etnia Peul. Si basa su quanto hanno affermato le suore della missione di Bomoanga. I rapitori sono entrati anche nella loro casa, in cerca di beni da rubare (soldi, computer, cellulari, oggetti di valore), ma disinteressandosi di loro, che hanno potuto fuggire e nascondersi in case di abitanti del villaggio.

Ma le suore hanno fatto in tempo ad udire alcune frasi pronunciate dei rapitori, e non hanno dubbio che costoro parlassero il fulfulbe, la lingua dei Peul. Spiega allora p. Mauro Armanino: “Dietro al sequestro di p. Gigi ci sono delle motivazioni politiche. I rapitori sarebbero di etnia Peuls (chiamati anche Fulani), così come lo sono gli appartenenti ai gruppi islamisti che si sono manifestati finora nel nord del Niger. La radicalizzazione islamista di quelle popolazioni è dovuta, almeno in parte, alla difficoltà ambientali che fanno sì che diventa sempre più difficile trovare acqua e pascoli per le loro mandrie.”

E continua p. Armanino: “In Niger, come anche nel vicino Mali, abbiamo visto che sono saltate le tradizionali relazioni che legavano i Peuls con le altre popolazioni, come ad esempio i Tuareg. Questo accentua l’instabilità, e non mi sembra che la militarizzazione che sta avvenendo in Mali come in Niger sia la risposta adatta a risolvere questi problemi.”

P. Vito Girotto, missionario SMA e parroco della vicina parrocchia di Makalondi, conferma questa ricostruzione dei fatti, basandosi su racconti di testimoni oculari: i rapitori hanno svaligiato la casa delle suore, senza però occuparsi di loro. Cercavano solo cose di valore.

Simile il comportamento verso p. Dass, confratello indiano di p. Gigi: un po’ sofferente, riposava nella casetta accanto, e benché i rapitori sapessero bene che c’era anche lui, nessun assaltante è entrato nella sua camera. Ha potuto così allontanarsi dalla missione senza che i rapitori lo cercassero. I rapitori avevano evidentemente p. Gigi come obiettivo. Questo fa dire dunque a p. Vito che, accanto all’ipotesi della propaganda jihadista, si deve certamente considerare uno scopo più pratico da parte dei rapitori: richiedere una somma di denaro in riscatto. Già altri europei e nord-americani sono stati rapiti con questo scopo nel nord del Niger e in Burkina Faso.

Ma per il momento, dicono i padri SMA da Niamey, è improbabile che i rapitori siano riusciti a portare l’ostaggio in Burkina Faso, come si pensava in un primo tempo, giacché quella frontiera, a pochi km da Bomoanga, è strettamente controllata. Sono solo una piccola cellula, e probabilmente il loro piano è di raggiungere il nord del Mali con cui il Niger fa frontiera, a diverse centinaia dal luogo del rapimento. La situazione per p. Gigi si aggraverebbe, dato che là gli islamisti sono più numerosi e organizzati, e scorazzano quasi liberamente in un territorio che l’esercito maliano, assistito da militari francesi, non riesce a controllare.

Il confratello con cui p. Gigi lavorava nella missione di Bomoanga, l’indiano p. John Dass, fornisce altri dettagli. Anzitutto il fatto che la popolazione aveva già segnalato da mesi che, non lontano da un villaggio distante 35 km dalla parrocchia, Tangunga, si era istallato un gruppetto di presunti terroristi islamici, provenienti dal Mali. La popolazione ha riferito l’informazione alle forze di sicurezza, ma queste purtroppo non l’hanno presa troppo sul serio. La regione di Bomoanga è una zona di frontiera con il Burkina Faso, e le autorità nigerine la trascurano un po’.

Racconta ancora p. John che i rapitori sono venuti alla missione poco prima delle 22, senza fare rumore. Hanno bussato alla porta della missione e p. Gigi ha aperto senza nessun sospetto, come faceva in genere con gli abitanti del villaggio che anche di notte si rivolgevano alla farmacia della missione per avere medicinali urgenti. I rapitori l’hanno immobilizzato, trascinato fuori e portato via, sparando tutt’intorno. Secondo p. John, tutta la dinamica del rapimento è stata pianificata fin nei dettagli.

Ieri la notizia del rapimento è stata riportata da numerosi organi di stampa africani ed europei, in particolare quelli dedicati all’Africa.

La radio francese Radio France Internationale, che trasmette soprattutto per i paesi africani francofoni, nel dare la notizia precisa che militari e forze dell’ordine del Niger e del Burkina Faso stanno rastrellando la regione. Anche il programma della BBC dedicato all’Africa ha diffuso la notizia ieri pomeriggio, invitando alla cautela nei giudizi: non sono ancora certe l’identità e la natura dei rapitori, e di conseguenza neppure scopo di questo rapimento.

Anche il sito del Ministero degli Affari Esteri italiani ha riportato l’informazione, scrivendo: “Il Ministro degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, è in costante rapporto con l’Unità di Crisi della Farnesina che, con gli altri organi dello Stato, segue sin dall’inizio il caso del rapimento (…) L’Ambasciata d’Italia a Niamey ha formalmente chiesto alle Autorità locali di dare assoluta priorità alla rapida soluzione della vicenda e in ogni caso di evitare iniziative che possano mettere a rischio l’incolumità di Padre Maccalli.”

La nostra comunità della Società delle Missioni Africane vuole dire un grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno manifestato la loro solidarietà e la loro comunione di preghiera con telefonate, messaggi, e commenti su facebook. Un messaggio in particolare ci ha colpito: quello inviatoci da Pamela, figlia di Danilo Calonego, che nel settembre 2016 fu lui pure rapito in Libia, e liberato in circostanze tragiche molti mesi dopo. Ci scrive: “Voglio esprimere tutta la mia vicinanza alla SMA e alla famiglia del padre Gigi. Preghiamo tutti per lui. Cercate di avere totale fiducia nella Farnesina, sono eccezionali! Un abbraccio”.

Grazie, Pamela, grazie a tutti voi, amici, della vostra preghiera, della vostra solidarietà, della fiducia che ci infondete.

Continuiamo a pregare, affidiamo a Dio il nostro p. Gigi, e manteniamo accesa la speranza!