Anno giubilare, nozze d’oro per Padre Lionello Melchiori: quest’anno celebra il suo cinquantesimo anniversario d’ordinazione sacerdotale. A Feriole lo festeggeremo il 17 settembre, ma intanto ci apre il suo cuore raccontando i sentimenti che lo animano.

In un libretto semplice e piacevole, scritto nel 2017 da Mons. Mario Delpini, ora arcivescovo della grande diocesi di Milano, intitolato “Reverendo che maniere”, quasi un vero libretto di galateo per i sacerdoti, mi piace ricordare quello che dice riguardo alla festa del sacerdote per gli anniversari di consacrazione. Anch’io quest’anno celebro il 50° anniversario di sacerdozio: sono stato ordinato il 29 aprile 1973 al mio paese natale, Nanno, in Val di Non, Trento.

Mons. Delpini scrive:

“La festa di un prete deve essere anzitutto la celebrazione delle opere di Dio; una certa enfasi ignora il senso della misura… cedendo alla tentazione di celebrare noi stessi, va perduta un’occasione per far del bene alla comunità che dobbiamo edificare”.

Se così fosse diventerei ridicolo, concludo io, perché sarebbe un’esaltazione di un dono che mi sono attribuito, quasi meritato, mentre mi accorgo che “tutto è grazia”, come cerco di ricordarmi sempre in questo periodo, quando molte persone si sentono quasi in dovere di ringraziarmi, mentre dovremmo tutti ringraziare Dio.

Ciò che sento importante per me:

  1. guardare al mio passato per rendermi conto che “non sono migliore di tanti altri”: è una Parola che Dio ripete spesso al suo popolo eletto e a tutti coloro che Egli sceglie per una Missione: è Dio che mi ha scelto, non per le mie qualifiche, capacità, intelligenza, saper vivere, ma mi ha scelto per quello che sono, con le mie fragilità e le mie debolezze.

Ma quello che Dio sceglie poi lo qualifica con dei doni impensati. Ad esempio: la vita, che ricevi dagli altri e che ti rimette al tuo posto, ti fa capire che “tutto quello che sei è dono di vita”, che hai ricevuto, che è segno dell’amore di Dio per te e che devi fare altrettanto con gli altri se vuoi vivere bene.

  1. Un episodio importante nel libro del profeta Geremia (Ger 18), nella bottega del vasaio: “Mi recai nella bottega del vasaio e mi fermai a guardarlo mentre lavorava al tornio. Ma il vaso, che egli stava modellando con la creta, a un certo punto si guastò tra le sue mani. Allora il vasaio prese altra creta e fece un nuovo vaso, a suo piacere”.

Nella mia vita ho spesso trovato che Dio, il vasaio, con la mia creta ha cercato di costruire la mia vita, ma spesso non ha potuto portare a termine il suo lavoro per una missione che aveva previsto per me, per colpa mia. Allora spesso si è dato da fare per propormi altre “soluzioni”, altri modi di vivere la sua Missione, che dovesse corrispondere alla mia vita da Lui voluta, ma mai corrisposta.

  1. Tra gli aiuti che mi sono stati donati da Dio e che considero preziosi da ricordare:

La comunità SMA che è diventata la mia famiglia, senza la quale nulla poteva diventare possibile, né in missione, né là dove mi trovo e che rimane essenziale per raggiungere ciò per cui Dio mi ha scelto.

La mia famiglia che sempre mi aiutato a perseguire quella vocazione alla quale mi sembrava di essere chiamato e che, anche oggi, devo riscoprire nelle sue diverse modalità di prete e missionario.

Grégoire, l’apostolo dei “dimenticati tra i più dimenticati” che sono i malati di mente in Africa e che ha dato alla mia vita di prete e missionario un motivo in più di dono per i più dimenticati e i più poveri.

Il rapimento e la liberazione di un confratello e amico: P. Gigi Maccalli: un segno in più per me che Dio mi ama e ascolta la mia e vostra preghiera.

L’amicizia e il sostegno spirituale e materiale di tante persone che, da sempre o da poco, sento vicine e con le quali condivido le “gioie e le speranze”, specialmente i più poveri, gli ammalati, gli esclusi e gli anziani, spesso lasciati soli a “marcire” nella loro solitudine.

Grazie a Dio e a tutti voi che sostenete questo dono fatto da Dio a me, alla Chiesa e alla Missione.

P. Lionello Melchiori