Padre Pier Luigi Maccalli, dopo sei anni esatti dal suo rapimento, ha compiuto una “breve”, ma intensa visita in Niger. Ad accoglierlo, amici sacerdoti e confratelli, tra cui p. Mauro Armanino, e il vescovo di Niamey, Djalwana Laurent Lompo. E poi tante persone sono accorse per riabbracciare p. Gigi, missionario che ha “liberato il perdono per costruire la pace”.
Era il 17 settembre 2018, quando P. Pier Luigi Maccalli fu rapito da un gruppo di jihadisti (estremisti islamici) nella sua missione di Bomoanga, nell’ovest del Niger. Venne rilasciato l’8 ottobre 2020. I 752 giorni di cattività li ha raccontati nel libro “Catene di libertà” (EMI, 2021).
La forza del perdono, della fede e dell’anelito alla pace hanno spinto p. Pier Luigi Maccalli a ritornare “a casa”, in Niger, in una data emblematica.
«Il filo della mia presenza in Niger (di 11 anni ininterrotti) si è spezzato il 17 settembre 2018 con il sequestro. Sei anni esatti dopo, finalmente, ho fatto ritorno in Niger».
Un ritorno avvenuto per benedire l’ordinazione di tre sacerdoti originari della parrocchia di Bomoanga.
«Il mio arrivo a Niamey, la sera del 17 settembre 2024, è stato preceduto da una abbondante pioggia e da lacrime trattenute a fatica. Il primo benvenuto me l’hanno dato le luci della capitale, avvistate dalla finestra dell’aereo in atterraggio. Mi hanno sussurrato un timido bentornato a casa che mi ha commosso», ci scrive p. Gigi.
La pioggia che ha accolto P. Pier Luigi Maccalli dopo anni di lontananza dal Niger (lontananza solo come presenza fisica, ma non spirituale) sembra essere la metafora delle sue lacrime per un mondo in cui i conflitti dilagano, lasciando la “Pace in ostaggio”.
Padre Gigi – proprio a seguito dell’esperienza drammatica del sequestro – ha acuito dentro di sé una incredibile sensibilità verso la Pace.
«La guerra – come più volte ha dichiarato – disumanizza le relazioni».
«Ho capito che la precarietà è la condizione della nostra vita e che anche il conflitto va abitato con mezzi non violenti, perché la pace non è solo assenza di guerra ma prendersi cura delle ferite, accogliere la realtà così come accade e con pazienza ricucire, ricomporre, riconciliare», ci ha “insegnato” p. Gigi attraverso i suoi scritti, i suoi discorsi, i suoi libri.
Grazie dunque al perdono, alla preghiera e alla riconciliazione, P. Pier Luigi Maccalli ha plasmato una nuova forza interiore, che gli ha permesso di ritornare “a casa”, in Niger, a Niamey, dove ha ricevuto il fraterno benvenuto di p. Mauro Armanino: «Bentornato nella tua casa, Gigi. Non sei mai stato assente da questa terra. Grazie per aver contribuito a tenere il cielo attaccato alla terra, come i rami che sfidano il vento e la tempesta. E grazie per il silenzio che ci hai condiviso».
Un “bentornato” reso ancor più speciale dall’invito del vescovo di Niamey, Djalwana Laurent Lompo, che ha voluto ospitare p. Gigi presso la sede vescovile.
«Il cortile del vescovado ha al suo interno la cattedrale e un centro di accoglienza. Qui ho potuto incontrare tante vecchie conoscenze e i miei stretti collaboratori che sapevano del mio arrivo: il catechista Jean Baptiste, Valérie, Emmanuel…
Ma l’incontro più emozionante è stato con la gente di Bomoanga e dintorni che è accorsa numerosa per partecipare all’ordinazione dei preti novelli originari della parrocchia di Bomoanga. Abbracci con tutti, strette di mano e tante foto e selfies a immortalare un incontro tanto pregato e sperato. Alla messa di ordinazione di sabato sera, 21 settembre, sono stato coinvolto nella danza dagli stessi preti novelli che volevano così ringraziarmi della presenza e soprattutto degli anni di accompagnamento durante il loro percorso giovanile», racconta p. Gigi.
«L’indomani, in occasione della prima messa, ho potuto rivolgermi direttamente ai nuovi preti e all’assemblea. L’omelia è stata un mix di ricordi, consigli e gratitudine. Ho parlato in parabola e in lingua gurmancema per esprimere a tutti i presenti la mia gioia per questo ritorno a casa, atteso tanto a lungo. Dice un proverbio africano: “C’est au bout de l’ancienne corde que l’on tisse la nouvelle – È all’estremità della vecchia corda che si annoda la nuova”.
Questo mio ritorno in terra nigerina, alla stessa data anniversario del mio sequestro, è stato simbolo e segno di continuità. Partecipare all’ordinazione e alla prima messa di Michel Wuoba e di Felix Waali (assistiti dal diacono Michel Ouliga pure lui originario della parrocchia di Bomoanga) è stato per me veder realizzarsi un sogno. Ho terminato la mia omelia ricordando che all’inaugurazione della nuova chiesa di Bomoanga (gennaio 2017) avevo profetizzato che il giorno che avrei visto un giovane di Bomoanga celebrare all’altare, avrei detto (come il vecchio Simeone al tempio): “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace”. Questa parola si è realizzata e ben oltre ogni mia aspettativa perché i miei occhi hanno visto addirittura 3 giovani presso l’altare della cattedrale di Niamey, pronti per il servizio del vangelo».
«Il dopo celebrazioni e i giorni a seguire la festa sono stati un fluire di persone che desideravano incontrarmi personalmente per raccontarmi di loro. Molti sono stati obbligati ad andarsene dai loro villaggi (causa insicurezza o minacciati direttamente da nuovi affiliati-jihadisti) e si trovano sfollati nei centri di Makalondi e Torodi. Vita dura e senza prospettiva. Manca loro il lavoro dei campi che è la prima fonte di sostentamento della famiglia. Manca la casa, il cibo e le finanze per la scuola dei figli. Mancano medicine soprattutto, per curare la debole speranza.
L’aiuto della Caritas diocesana, dello Stato e delle Organizzazione Umanitarie ha parato le urgenze, ma l’inquietudine è sul futuro che resta molto oscuro. L’insicurezza è in crescita su strade e località e continuano attacchi mirati a luoghi presidiati dai militari.
La popolazione locale (specie di Bomoanga) è presa tra due fuochi: da una parte le incursioni a carattere jihadista e dall’altra i militari che diffidano di tutti e rastrellano gente accusate di collaborare con il terrorismo. Tra di essi il mio catechista Robert e suo fratello: sono da mesi in prigione con l’accusa gratuita di essere parenti alla lunga di un sospettato. La gioia del ritorno si è trasformata presto in amarezza e tutt’ora custodisco in cuore tanta tristezza. Confesso che l’incontrare tante persone care, dimagrite di peso e dal volto scavato dalla sofferenza, mi ha fatto tanta pena e mi ha molto rattristato».
Ricordiamo che nel corso del mese di luglio 2023, in Niger si è verificato un golpe attuato da militari e la situazione sociale, economica e umana della popolazione rimane precaria, come ci racconta anche p. Mauro Armanino attraverso le sue missive, pubblicate nel suo Blog sul nostro sito.
«Prima di riprendere l’aereo» − spiega p. Gigi − «ho chiesto di fare una visita di cortesia all’ambasciata italiana in Niamey. Il nuovo ambasciatore e il suo capo sicurezza mi hanno accolto con parole (diplomaticamente) di rimprovero che sapevano di tirata d’orecchi. Ho subito precisato, che come padre-missionario sono tornato a casa a rivedere fratelli, sorelle e figli/e. Ho ponderato e preso le dovute precauzioni di sicurezza, ma ci tenevo a ritornare in Niger per dare speranza, con la mia presenza e la mia storia di liberazione, a una popolazione che sta tuttora soffrendo. Un padre non abbandona i suoi, specie in tempo di insicurezza. Conservo invece in cuore le parole di congedo del vescovo Laurent Lompo, che a più riprese mi ha ringraziato per questa visita. Ho la serena certezza che questo mio, seppur breve ritorno in Niger e le parole di compartecipazione scambiate, abbiano avuto il merito di incoraggiare la speranza presso una chiesa e una popolazione impoverita, attristita e stanca».
«La missione ora continua per me in Benin, nel preparare giovani missionari SMA da mandare nelle periferie del mondo come segno di speranza e artigiani di pace. La data dell’8 ottobre 2024 (4° anniversario della mia liberazione) rinnova in me l’urgenza della missione: sono libero per liberare la pace. Troppe parole e immagini di violenza e di guerra continuano a circolare sui mezzi di comunicazione e a distruggere case e relazioni. La pace è purtroppo ancora ostaggio dei violenti. Serve un sussulto di umanità centrato sul dialogo e il perdono. Missione è umanizzare le relazioni. A questa missione mi impegno e chiamo a raccolta tutti gli uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore la pace».
Grazie a tutti del sostegno e della preghiera.
Buon mese missionario a tutti.
Fraternamente, p. Gigi
Segnaliamo il recente libro scritto da p. Pier Luigi Maccalli, dal titolo “Liberate la Pace” (EMI).
In questa epoca scandita da numerose guerre nel mondo, questo messaggio “Liberate la Pace” è quanto mai attuale e urgente. Il volume condensa la testimonianza spirituale della liberazione di p. Gigi. Una liberazione non solo del corpo, ma anche dell’anima, resa possibile grazie a preghiere nate dal cuore e con il cuore.
a cura di Silvia C. Turrin
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