Carissimi,

dal Niger vorrei scrivervi che tutto funziona per il meglio ed invece non è così. Non ci sono fiori nel deserto, ma postazioni militari per bloccare chi tenta di passare da qui per arrivare in Europa, la quale si è costruita una frontiera al centro del Sahara. In Italia la sicurezza viene dalla formula: “meno migranti più sicurezza”; in Niger la sicurezza è data dalla formula: “più investimenti militari più sicurezza”.. che non si vede! Anzi l’insicurezza aumenta alla frontiera con la Nigeria, Mali e Burkina. E più insicurezza nella scuola, che da un mese vede le università nigerine in sciopero, perché sembra che il governo non abbia rispettato gli accordi con i professori dei vari istituti superiori.

I giovani studenti universitari come vivono? cosa fanno? C’è chi insegna francese e matematica a dei ragazzi delle elementari e delle medie, i cui genitori possono pagare un maestro improvvisato, altri si danno da fare come venditori ambulanti di tutto e niente, lungo le strade di Niamey.

E la sicurezza nelle comunità cristiane?  E’ nelle mani di Dio, ma si costruisce anche con la vigilanza, con la trasmissione rapida di notizie su eventi e eventuali attacchi nelle missioni in modo d’essere aggiornati sulla situazione, e con la preghiera comunitaria che continua anche nelle piccole comunità lontane dal centro, come quelle di Bomoanga dove i catechisti animano la celebrazione domenicale della Parola. L’insicurezza genera paura anche nei preti che hanno scelto di rimanere tutti sul posto, facendo appello alla fede e ispirandosi al coraggio di testimoni che hanno dato la loro vita come risposta a chi voleva allontanarli dalla loro missione. In Africa negli ultimi decenni ne sono sorti tanti, e i più vicini a noi sono i monaci di Thibirine in Algeria.

Avremmo tutti voluto e creduto in una liberazione rapida di p. Pierluigi Maccalli ed invece al suo rapimento se n’è aggiunto un altro, quello di un sacerdote diocesano burkinabé, p. Joël e quindi abbiamo capito che la situazione sicuritaria è sempre più complicata e confusa. Ma non per questo abbiamo perso fiducia nella preghiera per la liberazione dei nostri due amici sacerdoti e di altre persone rapite, quasi tutti musulmani tolleranti, come lo sono nella stragrande maggioranza i credenti maomettani di questa regione dell’Africa.

I segni di speranza in una sicurezza diversa li scorgiamo nelle nostre comunità cristiane che ancora a Pasqua accompagneranno al battesimo decine di catecumeni, se non centinaia: 150 a Makalondi, ci assicurano i sacerdoti che sono sul posto. In questa  comunità, in cui sarò spiritualmente presente, la veglia pasquale si celebrerà alla luce del sole, perché di notte c’è coprifuoco, ma la gioia di celebrare la risurrezione del Signore con il battesimo sarà grande, e farà capire che la liberazione dalla paura e dalla morte del cuore, è possibile anche in questo tempo di grande insicurezza.

Il mio augurio, cari amici, è quello di ritrovare la gioia di seguire il Signore nonostante le difficoltà e il cammino a volte tortuoso della vita, non dimenticando mai chi vive in una situazione peggiore della nostra.

Durante la settimana santa, mercoledì 17 Aprile, ricorrerà il settimo mese di testimonianza e di prigionia di p. Gigi, che affido alla vostra preghiera perché ci sia anche per lui, per p. Joël e gli altri, una Pasqua di liberazione, alla data che conviene al Signore, ma che ci auguriamo prossima.

Buona Pasqua di liberazione dalla tristezza, dalla sfiducia, dal pessimismo e dalle false sicurezze. Avvicinandoci a Cristo è possibile essere liberati e vivere liberi, nonostante ci siano catene esterne che non possono imprigionare la mente e il cuore.

Buona Pasqua dal Niger con tanti caldi saluti.

P. Vito Girotto
Niamey, Niger