Carissimi amici,
vi invio alcune righe per raccontare un poco di quello che stiamo vivendo nella nostra parrocchia di Foya, sempre ringraziandovi per il sostegno nella preghiera per la liberazione di mio fratello P. Gigi.
Qui in Liberia siamo in piena stagione delle piogge e la nostra gente è impegnata nei lavori campestri. In questo periodo ogni anno la malaria si fa sentire in modo molto violento e colpisce tutti quanti, uomini, donne e soprattutto bambini.
Quest’anno poi, come ovunque nel mondo, dobbiamo fare i conti con il coronavirus. Qui a Foya ci sono stati una decina di casi di persone infettate, rilevati negli ultimi giorni. Tra di essi anche il pastore principale della chiesa pentecostale (gruppo religioso più numeroso della città).
L’ospedale centrale di Boma, il capoluogo di regione, è stato praticamente chiuso e alcuni medici ed infermieri, che hanno avuto contatti con i positivi, messi in quarantena.
Anche se da un paio di settimane abbiamo avuto l’autorizzazione ad riprendere le celebrazioni nelle nostre chiese, in realtà questo è il momento di massimo pericolo per il covid-19. Noi tutti cerchiamo di rispettare le consegne per non creare ulteriori focolai.
Da qualche mese ci ha raggiunto p. Lorenzo Snider, che ha assunto la responsabilità di parroco al posto di p. Eric Aka, partente per la missione in Francia.
Domenica prossima faremo il primo incontro con il Consiglio pastorale parrocchiale da qualche mese a questa parte, e poi ricominceremo a visitare le comunità cristiane dei villaggi e le stazioni secondarie.
Nella comunità cristiana della sede parrocchiale, nella città di Foya, stiamo portando avanti il lavoro pastorale con le Comunità di base. Grazie ad un contributo che abbiamo ricevuto ed alla generosità della nostra gente la settimana prossima potremo distribuire 150 sacchi di riso ad altrettante famiglie bisognose. È il primo dovere di ogni comunità cristiana quello di accorgersi di chi sta facendo più fatica e di riconoscere in lui il volto del Cristo risorto. Ci stiamo provando.
Nonostante i tanti anni di missione non riesco ancora a non commuovermi davanti alla sofferenza umana e a quello che abbiamo scoperto in questi giorni.
Un giovane semiparalizzato accudito dalla nonna che però non riesce a nutrirlo se non una volta al giorno, una bambina ammalata reclusa in una stanza di fango da anni, anziani abbandonati dai figli e costretti a mendicare, giovani malati di mente che vagano per la città senza che nessuno si occupi di loro: davanti a loro il mio cuore non rimane tranquillo.
Ma credo che debba essere questo il motore che ci spinge a pregare ed agire per i più abbandonati: l’inquietudine, la compassione di Gesù per il suo popolo disperso.
Vi ringrazio ancora e vi saluto.
P. Walter Maccalli
St John Vianney Parish – Foya