La Réunion, situata a sud dell’oceano Indiano, tra l’île Maurice e il Madagascar, è un Paese che fa parte dell’Africa, ma che ha sviluppato una cultura peculiare. Tra le sue caratteristiche vi è l’armonia religiosa.
Terra di meticciato, a La Réunion coesistono pacificamente vari culti delle diverse comunità che la popolano. Troviamo induisti, musulmani e taoisti.
Il Cristianesimo è la principale fede diffusa nell’isola, come testimoniano anche i nomi delle varie città: Saint-Denis, Saint-Paul, Saint-Pierre, Saint-Gilles, Saint-Joseph, Sainte-Anne.
Numerosi i luoghi di culto in cui arte e religione si fondono, come la Chiesa di Sainte-Anne, o ancora Notre Dame des Neiges nel centro di Cilaos. Spicca poi Notre Dame des Laves nella cittadina di Sainte-Rose, la cui particolarità è quella di essere circondata dalla lava ormai solidificata, ricordo dell’eruzione del 1977 del vulcano Piton de la Fournaise.
Il nome della chiesa deriva proprio da quell’episodio drammatico, che però ha lasciato miracolosamente intatto l’edificio religioso.
Tra le specificità dell’isola vi è la tradizione sonora, al cui centro troviamo il cosiddetto maloya. Le radici di questo genere affondano nelle pratiche culturali sviluppate durante l’epoca schiavista. Il termine deriverebbe dall’espressione malgascia maloy aho che può essere tradotta con “parlare”, “dire ciò che si deve dire”. Questo significato è collegabile con la storia dell’isola, un tempo colonia francese, oggi Dipartimento d’oltremare.
Infatti, per un lungo periodo, l’amministrazione francese, preoccupata che potesse rappresentare uno stimolo per rivendicazioni autonomiste, ha costretto i reunionesi a suonare il maloya in condizioni di clandestinità. Questo genere, è quindi, da un lato, molto simile ai field hollers, perché anch’esso originariamente cantato da schiavi; dall’altro, si avvicina al blues per quanto riguarda il pathos emotivo e i temi affrontati nelle lyric. Il maloya è inoltre associato a strumenti caratteristici dell’isola, come il kayamb, la percussione tradizionale, che ricorda molto una grande maracas a forma di parallelepipedo.
Tra le più note rappresentanti dei ritmi maloya vi è Nathalie Natiembé, cresciuta immersa nelle atmosfere sonore di questo genere. Interprete, musicista e poetessa nata nella rigogliosa isola de La Réunion, nelle sue composizioni racconta i colori, la storia e la varietà culturale della sua terra natia.
“Il maloya l’ho ascoltato sin da piccola. Mia nonna lo cantava, come pure mio padre. Proviene dall’Africa”, ha affermato la cantante réunionnaise.
Per lei, cantarlo e suonarlo significa mantenere in vita le proprie radici. Lo fa, intrecciando tradizione e contemporaneità, oltre che partecipando a vari eventi, tra cui il festival Sakifo.
Creato nel 2004, questo appuntamento celebra le musiche del mondo ed è organizzato ogni anno proprio sull’isola de La Réunion.
Nel 2024 il festival ha celebrato i suoi 20 anni mettendo al centro anche la musica maloya, un genere sorto secoli fa che scandisce ancora la vita degli abitanti de La Réunion.
Silvia C. Turrin