Durante l’ultima visita di papa Francesco in Congo e in Sud Sudan, ci sono stati molti momenti forti e di grande importanza per un cammino verso la pace e la giustizia. Riportiamo l’esperienza interessante di Monsignor Carlassare, vescovo di Rumbek (Sud Sudan).

Sud Sudan papa francesco Monsignor Carlassare

Monsignor Carlassare con papa Francesco, in occasione del viaggio del Pontefice in Sud Sudan

Pellegrini di Pace

L’importanza della visita di papa Francesco per i cristiani del Sud Sudan può essere sintetizzata nella storia di un gruppo di oltre 60 pellegrini, che hanno compiuto quasi 400 chilometri per poter assistere alle celebrazioni religiose di papa Francesco organizzate a Giuba. Formato da giovani e capi spirituali – tra cui Christian Carlassare, missionario comboniano, nato a Schio (Vicenza), nominato vescovo della diocesi di Rumbek dallo stesso Francesco l’8 marzo 2021 – il gruppo era partito il 25 gennaio, festa della conversione di San Paolo e Giornata di preghiera per l’unità dei cristiani.

Dopo aver fatto una preghiera ecumenica con gli arcivescovi della Chiesa episcopale e della Chiesa anglicana, hanno camminando per nove giorni tra canti e preghiere. I pellegrini hanno attraversato villaggi, manifestando non soltanto la gioia di poter vedere Francesco, ma anche la speranza di una riconciliazione nazionale attraverso la fede.

“Sono stati giorni di cammino intenso – racconta monsignor Carlassare. Abbiamo camminato soprattutto il mattino per arrivare nelle comunità il pomeriggio. Abbiamo avuto momenti di preghiera, condivisione, ascolto e un teatro della pace molto bello, preparato dai giovani. Abbiamo coperto 20/25 km ogni giorno e nei tratti più lunghi ci siamo appoggiati all’aiuto delle auto, perché le distanze sono enormi. Ogni giorno avevamo un tema. Pregavamo al mattino presto prima di partire, meditavamo lungo il cammino e poi la sera, prima di andare a dormire, concludevamo valutando la giornata”.

“Il papa ha parlato chiaro e spero che le Istituzioni accolgano il suo messaggio di pace – afferma il vescovo -. Ma abbiamo bisogno di cittadini più maturi, più istruiti, con più visione che siano capaci di scegliere la pace anche in quei momenti difficili in cui sarebbe più facile usare la violenza. C’è bisogno dell’aiuto delle istituzioni, ma è frutto anche della maturità delle persone, che vedo già presente in alcune comunità cristiane. Dal cammino di fede che hanno fatto rigettano ogni forma di violenza, anche quando c’è manipolazione. Queste comunità di base sono capaci di mettere in atto dinamiche nuove”.

Il vescovo pensa che il Papa incoraggerà la Chiesa locale “ad essere sempre più al servizio della giustizia e della pace con coraggio e profezia, con attenzione alle persone ultime e marginalizzate, vittime di tante situazioni ingiuste”: “Abbiamo bisogno di una Chiesa davvero samaritana, al servizio, come un pastore buono capace di dare anche la vita per le pecore”.