L’Africa possiede il 30% delle risorse naturali mondiali, il 14% della popolazione globale, ma il 43% dei poveri del pianeta.

Ieri saccheggiata dalle potenze coloniali, oggi spogliata da grandi aziende occidentali con un fatturato superiore al Pil di una nazione europea, dai nuovi entrati cinesi e dai fondi sovrani arabi.

Una rapina quotidiana resa possibile dalla complicità in loco di magnati, trafficanti, signori della guerra, élite cleptocratiche e corrotte allevate nella convinzione che lo Stato sia proprietà privata da sfruttare per arricchire se stessi e il clan familiare.

Sembra inesorabile il destino dei Paesi africani che scoprono di avere nel sottosuolo le ricchezze minerarie più preziose, come le terre rare, il petrolio, l’oro, i diamanti, il rame e il ferro: vengono colpiti dalla “maledizione delle risorse” che anziché portare benessere e sviluppo comporta miseria, conflitti, instabilità politica e la perdita di sovranità su intere aree.

Per capire le cause, oltre ai mutamenti climatici, dei conflitti, della povertà e delle ingiustizie che generano emigrazione dal continente africano, arriva in Italia edito da Francesco Brioschi La macchina del saccheggio (Pag. 380, euro 20) di Tom Burgis, giornalista del “Financial Times”, che oggi vive a Londra dopo essere stato corrispondente del quotidiano economico dall’Africa occidentale e poi dal Sudafrica.

Burgis offre risposte alle domande chiave sulla povertà e il sottosviluppo con la tenacia e la curiosità del giornalista investigativo unite alla competenza del segugio che sa districarsi tra i meandri e i protagonisti oscuri dell’economia globale.

Frutto di anni di ricerche, di inchieste sul campo, di viaggi, il libro è un lungo reportage sui mali dell’Africa del ventunesimo secolo, pignolo e completo che fa a pezzi le tesi di chi, tra giornalisti e politici soprattutto nel cortile mediatico di casa nostra, liquida le questioni migratorie con semplificazioni buone al massimo per i social e slogan da talk show.

Altro che aiutiamoli a casa loro, altro che complotti migrazionisti. Burgis documenta la complessità del saccheggio compiuto dai supermanager delle compagnie occidentali e orientali che si sono affacciate negli ultimi 20 anni in Africa per accaparrarsi le ricchezze del suolo e del sottosuolo, dai signori della guerra, dai faccendieri al servizio della politica cinese per inserire Pechino nell’eterno “scramble” per le risorse africane, dal sottobosco esteso

Da una recensione di Paolo Lambruschi su Avvenire

Foto: Irin, Repubblica Democratica del Congo