“Cerco di risvegliare l’umanità in ogni persona”. Questo è lo spirito con cui agisce Pétronille Vaweka, una donna coraggiosa, mediatrice di vari conflitti in Africa. A 75 anni, nel mese di dicembre del 2023, ha ricevuto un prestigioso riconoscimento, il Women Building Peace Award, ovvero il premio americano alle donne impegnate nella costruzione della pace.
Nata il 18 novembre 1948 a Bunia, capitale dell’Ituri, Pétronille Vaweka è un’ex insegnante, diventata poi giornalista, poi ancora attivista per la pace. In realtà, da giovane, voleva diventare infermiera, ma gli scontri scoppiati nell’Ituri le fecero cambiare idea. “Il personale scolastico, i preti e le suore venivano uccisi o costretti a fuggire. All’improvviso, imparai cosa significa la guerra”, ha ricordato Pétronille in occasione della consegna del Women Building Peace Award.
La regione della Repubblica Democratica del Congo (RDC) in cui è nata Pétronille, l’Ituri, è da decenni terra di scontri e guerre.
Insieme al Nord-Kivu, quest’area è un ricco serbatoio di ricchezze minerarie – tra cui oro, coltan e stagno – ricercatissime da numerose nazioni, non soltanto africane.
Sul suolo della RDC si sono combattute nei decenni recenti due grandi guerre.
La prima dal 1996 al 1997, terminata con la destituzione dal potere di Mobutu Sese Seko e con la nomina di Laurent-Désiré Kabila a presidente; la seconda guerra nella RDC – chiamata anche “grande guerra africana” perché vi erano coinvolte ben nove nazioni del continente iniziò nel 1998 e si è protratta sino al 2002 e conclusasi, almeno ufficiosamente, nel giugno 2003. In realtà, gli scontri armati, la presenza di gruppi ribelli e le interferenze di altri Paesi nell’Ituri e nel Nord-Kivu sono proseguiti sino a oggi, e continuano nel 2024.
Nonostante questi decenni di caos, con milioni di civili innocenti morti, e con la distruzione di nicchie ecologiche uniche al mondo, Pétronille Vaweka ha trovato il coraggio di affrontare tutto questo per gettare ponti di dialogo tra i belligeranti. Era lei che governi, comunità locali e agenzie umanitarie chiamavano per negoziare il cessate il fuoco, per liberare ostaggi e salvare vite umane. Lei doveva attraversare intricate foreste o savane pericolose.
A seguito del conflitto tra gli Hema e i Lendu – gruppi antagonisti per il controllo delle risorse aurifere nella zona orientale della RDC, al confine con l’Uganda – Pétronille creò la Ong “Fondazione per la pace sostenibile”, con l’intento di ottenere il cessate il fuoco. Come ha ricordato lei stessa, era necessario “negoziare con i leader delle milizie per garantire un accesso sicuro agli operatori umanitari accorsi in aiuto degli sfollati, in un contesto di intensa ostilità e sospetto”.
Era ben consapevole dei rischi a cui sarebbe andata incontro, ma sapeva anche che occorreva negoziare con le milizie.
“Il desiderio di coltivare la pace mi ha sempre spinto a raggiungere le persone, compresi i gruppi armati… So cosa fanno, ma non abbiamo altra scelta che avvicinarci a loro. Cerco di risvegliare l’umanità in ogni persona”, ha affermato Pétronille.
Pétronille, grazie a un contributo economico da parte di Oxfam (organizzazione per la quale ha lavorato) riuscì ad aprire un ufficio della sua Ong “Fondazione per la pace sostenibile”, e poté noleggiare mezzi idonei per spostarsi nelle foreste e nelle savane del paese. Contattò e fece visita ai comandanti delle fazioni in guerra. In quegli incontri spesso viaggiava senza protezione, ma coadiuvata da uno o due colleghi disarmati.
“Era molto pericoloso viaggiare, perché i gruppi armati erano presenti ovunque nell’Ituri. Quando abbiamo iniziato questo lavoro, alcuni uomini armati hanno ucciso sei membri del Comitato internazionale della Croce Rossa”, ricorda.
Malgrado i pericoli, lei seguì il suo sogno di pace, tanto da negoziare con uomini, a capo di milizie armate, poi riconosciuti come colpevoli di crimini di guerra dalla Corte penale internazionale. In questi anni, molti le hanno chiesto come riusciva e come riesce ad avvicinarci a uomini bellicosi, senza scrupoli, e a dialogare con loro. Ecco la sua risposta.
“Comincio considerando questi uomini non come nemici ma come esseri umani. Vogliono mostrare a tutti la loro forza, ma molti sono diventati violenti per disperazione o paura. Ascolto le loro storie. Questi uomini capiscono che ho corso dei rischi per venire a parlare con loro, e mi rispettano. So che ogni volta che andiamo in missione rischiamo di non tornare. Gruppi armati mi hanno preso di mira, uccidendo anche altre persone al posto mio. Ma non avevamo altra scelta che continuare perché c’erano vite da salvare”.
Pétronille è una donna portatrice di pace, come testimonia il suo lavoro di coordinatrice del Women Committed to Peace in Africa, una rete di donne che lavorano nelle zone di conflitto nella parte orientale della RDC. A Kinshasa, dirige il Centro delle donne impegnate per la pace in Africa.
Il suo coraggio e il suo instancabile lavoro a favore della pace sono stati riconosciuti a livello internazionale attraverso il Women Building Peace Award 2023.
Un premio che mette in evidenza il ruolo centrale delle donne, quando vengono coinvolte e partecipano ai negoziati di pace.
Silvia C. Turrin