Giorni drammatici si vivono nell’est del Congo, nell’indifferenza del mondo. Nel Nord Kivu, la regione di Butembo-Beni è nel terrore per gli attacchi condotti da alcuni gruppi armati non ben identificati: “Almeno 11 persone sono morte in un assalto nel villaggio di Mayangose e nei pressi della parrocchia di San Gustavo di Beni-Paida nel villaggio di Sobiede”, denuncia Mons. Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni. “Gli assalitori li hanno uccisi a colpi di arma da fuoco e di machete; tra di essi anche una donna di 80 anni e un bambino di 9. I malviventi hanno rapito alcune persone ed hanno saccheggiato le abitazioni. Finora sono 5 i ragazzi mancanti all’appello, rapiti da questi delinquenti” afferma il vescovo.
Questo mentre nella diocesi di Goma, sempre nell’est della RD del Congo, la domenica di Pasqua è stato rapito p. Célestin Ngango, parroco di Karambi; è ancora nelle mani di non precisati rapitori, che si sarebbero fatti vivi chiedendo un riscatto di 500.000 euro.
Sospettati di queste atrocità due gruppi di miliziani: i Mai Mai e l’ADF. Quest’ultimo proveniente dal vicino Uganda. Ma sotto accusa sono anche le Forze Armate congolesi, esercito regolare, che per reprimere i miliziani non esitano a colpire la popolazione, sia per presunta rappresaglia, sia per saccheggiare i beni della gente inerme e innocente.
Un’altra situazione critica è la Provincia dell’Ituri, già teatro di massacri tribali tra il 1999 e il 2004, in cui morirono 50.000 persone. Alcune settimane fa, improvvisamente e inaspettatamente, sono riprese le rivalità tra le due etnie Hema e Lendu. Ad oggi si contano un centinaio di morti, mentre 300.000 persone sono già fuggite dalle loro case, e una settantina di villaggi sono stati dati alle fiamme.
Non è chiaro cosa abbia scatenato le violenze tra i due gruppi etnici, ma secondo Marcel-Heritier Kapitene, un politico congolese dell’opposizione che vive in esilio in Belgio, oggi esperto di conflitti minerari nel Congo presso il GRIP, un istituto di studi per la pace e la sicurezza, la radice delle violenza si trova nelle risorse naturali, di cui è ricchissima la regione.
Kapitene fa previsioni pessimiste: “”La competizione per queste risorse, che coinvolge gruppi armati dei vicini Uganda e Ruanda, rischia di diventare sempre più aspra. E potrebbe diffondersi in altre aree con un pesante bilancio umano”. E continua: “Quando una milizia tribale locale si allea con un gruppo armato congolese o straniero per estendere il suo controllo su un’area di estrazione di minerali (soprattutto oro) o su una foresta di cui sfruttare il legname pregiato, c’è motivo di temere che le conseguenze saranno drammatiche, con migliaia di morti tra i civili”.
Thierry Vircoulon, analista presso il Centro Studi International Crisis Group, sottolinea il ruolo della politica nel riaccendersi del conflitto in Ituri: “Le cause immediate sono conflitti locali mai completamente estinti in tutti questi anni, ma dietro di essi c’è una feroce lotta di potere per il controllo politico e amministrativo della regione”. Secondo lui, il quadro politico, gli attori, le poste in gioco sono gli stessi di 10 anni fa, e ciò conferma il giudizio che poco o niente è stato fatto durante tutto questo tempo per rimuovere le vere cause del conflitto.
Per restare aggiornati sulla situazione dell’est del Congo, puoi consultare i siti dell’Agenzia di Stampa Fides e dell’Irin, organo di informazione dell’Onu.