Allo Smithsonian American Art Musuem (SAAM) di New York, da fine settembre, è possibile visitare una rara collezione di ritratti, 40 dagherrotipi e 166 fotografie, scattati tra il 1840 e il 1920 da James P. Ball, Glenalvin Goodridge e Augustus Washington, i primi fotografi afroamericani professionisti. Tutte le immagini sono di proprietà dello Smithsonian Museum e della Biblioteca del Congresso e non sono mai state esposte al pubblico.
Fotografie di uomini e donne, bianchi e neri, individui e intere famiglie. Un’opportunità, davvero unica, per scoprire da vicino i dettagli, i particolari dei vestiti e degli oggetti, il mondo che racconta lo scatto fotografico. Non è una sorpresa che i fotografi siano afro-discendenti.
Nei primi decenni del ‘900, l’Harlem Renaissance, il movimento artistico-culturale afroamericano, rivela agli Stati Uniti l’appassionata creatività con cui le comunità nere di tutto il Paese raccontano la propria esperienza e identità. Il centro nevralgico del movimento è il quartiere di Harlem, a New York, e da lì si diffonde nei centri urbani degli Stati Uniti.
Attraverso la musica, la letteratura e le arti visive – cinema e fotografia, come in questo caso – artisti e intellettuali trovano nuove vie per esplorare ed approfondire la storia degli afroamericani e dei neri nelle grandi città americane. Una vera rinascita, una consapevolezza della cultura nera emersa dalla schiavitù e dai suoi legami culturali con l’Africa.
L’Harlem Reinassance ha avuto un profondo impatto non solo sulla cultura afroamericana, ma anche su tutte le altre culture frutto della diaspora africana (Caraibi, Francia). C’è una continuità tra W. E. B. DuBois, Marcus Garvey e Frantz Fanon, tra l’Harlem Renaissance e il movimento della Négritude di Léopold Sédar Senghor.
I tre fotografi degli scatti esposti allo Smithsonian, tutti figli di ex schiavi, non sono stati soltanto fotografi professionisti, sono stati anche membri attivi del movimento abolizionista. Augustus Washington, decise poi di tornare in Africa, in Liberia, la prima colonia africana di “uomini liberi di colore”.
A Monrovia, la capitale, aprì uno studio di dagherrotipi e divenne famoso negli Stati Uniti inviando all’American Colonization Society, che all’epoca controllava la Liberia, scatti di una élite nera idealizzata.
Cartoline perfette per invogliare il ritorno in Africa, ritratti in realtà di due mondi molto lontani e diversi.
Maria Ludovica Piombino