Salamatu fa la maestra a Ngabrawa, villaggio nello stato di Yobe, nord-est della Nigeria, tra le zone più colpite dai jihadisti di Boko Haram.
Con la voce decisa ma sofferente, ci racconta cosa significa fare l’insegnante nel Paese dove l’industria dei rapimenti sta diventando la più florida di tutte.
Nei primi mesi del 2022 ci sono stati almeno 20 attacchi con sequestri di massa nelle scuole in 6 stati della Nigeria, con oltre 1400 studenti e insegnanti presi in ostaggio.
Soltanto nei primi 6 mesi del 2021 i rapitori hanno estorto l’equivalente di 5 milioni di dollari, stima l’agenzia di intelligence nigeriana.
Spesso non sono jihadisti che attaccano in nome della religione, ma criminali comuni, mossi soltanto dalla voglia di far soldi con i riscatti. Si tratta spesso di giovani fulani che da pastori seminomadi si sono trasformati in sequestratori, mutuando la tattica portata avanti da Boko Haram.
Ci sarebbero 30 mila “banditi” in azione soprattutto nel nord- ovest e nel centro della Nigeria, coperte di foreste mal gestite da anni, prive di strade e presidii governativi.
Le gang escono dalla boscaglia in motocicletta, rapiscono le persone e le nascondono in attesa del riscatto. L’intensificarsi degli attacchi nel nord-est ha portato al rinvio sine die della ripresa delle lezioni, come successo anche nella capitale Abuja.
Almeno un milione di bimbi nigeriani non va a scuola a causa dell’insicurezza in alcune zone del Paese, stima l’Unicef, e dove la scuola funziona, come in quella di Salamatu, le classi sono dimezzate per la paura.
“Ogni mattina quando vado a scuola ho paura. Poi mi dico questo è il mio lavoro, lo devo fare. Devo andare per salvare il futuro dei bambini così che crescano con un’istruzione, questo è il motivo per cui continuo”, ci racconta Salamatu rammaricata per la scarsa presenza dei bambini tra i banchi, con paura e povertà a sbarrare la strada.
“Questa non è la cosa giusta che un genitore dovrebbe fare per i suoi figli. I bambini dovrebbero venire tutti a scuola, ma molti ancora oggi mancano all’appello”, conclude..
Dal Corriere della Sera, Alessandra Muglia