Prosper viene a cercarmi. Arriva da Lora, un villaggio della parrocchia ad una ventina di km da Kolowaré. “Adesso siamo pronti, mi dice, devi venire a benedire la scuola. Sono stato dall’Ispettore di Tchamba e ho chiesto un maestro, non un volontario, ma un maestro vero che sappia insegnare. E ce ne ha dato uno con quindici anni di esperienza. Ci ha detto che per il primo anno dobbiamo pagarlo noi, poi si vedrà”.

“E quanto gli date al mese?” chiedo.
“Avevamo messo da parte qualche soldo per contribuire alla trivellazione e pompa che hai fatto al villaggio… per intanto utilizziamo questo denaro, e gli diamo 10 mila franchi al mese (una quindicina di euro)”.
“Ma come fa a vivere?” domando.
“Gli diamo anche l’alloggio gratis, poi dei viveri e un terreno da coltivare.”

E così sono andato, ieri 10 dicembre, con un gruppetto di Kolowaré. Ho chiesto a Jean Iroko un amico e proprietario della ditta con cui facciamo i pozzi, di condurmi con la sua auto, perché le piste sono quelle che sono, e la mia non passa.

Arriviamo un po’ prima del previsto. Alcune signore sono intente a pulire la piazza davanti alla “sala polivalente”.
Accanto alla sala un mucchio di banchi in frantumi. “Aspettiamo il falegname che trovi qualche asse, poi li ripariamo”, dice Prosper. In fondo all’edificio una lavagna murale con gli esercizi di scrittura, lettura, calcolo.

In attesa che la gente arrivi Prosper mi accompagna a vedere i luoghi.
“Sono già venuti due volte i geometri, per delimitare il terreno”, mi dice. “È il capo di Alibi che ce l’ha dato, sai, eravamo compagni di scuola e ci conosciamo bene, i documenti si trovano da padre Roberto, a Tchamba. Ho posto qui questa croce per ricordare che il terreno è nostro”.

Poco alla volta la gente arriva, poi la sorpresa. Sento rollare i tamburi e cantare là lontano sulla pista.
Vado a sentire da vicino questi suoni e canti, e cosa vedo? La corale dei giovani di Welou, con la loro batteria che arriva. Sono passati in mezzo ai boschi, forse una decina di km, o forse meno, e sono arrivati. Una sorpresa per tutti.

“È ora di cominciare?” chiedo.
“Non ancora mi rispondono, dobbiamo aspettare Regina, la signora che ha chiesto la messa, è andata un momento a casa”.
Alla fine della messa, capirò perché era ritornata un momento a casa.

Ci stipiamo all’interno dell’abitacolo, ma parte della gente rimane fuori. La corale, con la batteria, è in prima fila. Sono loro che animano la messa, con i loro strumenti e canti, coinvolgendo tutta la comunità. Un’esplosione di canti, di suoni, di vita.
Si legge sul volto di tutti la gioia di ritrovarsi insieme, dopo alcuni mesi. Era da febbraio che non venivo più in questa comunità.

Preghiamo per i defunti di Mamma Regina e secondo le sue intenzioni. I casolari sono dispersi e i ladri entrano facilmente a rubare. Anche lei ne è stata vittima Alla fine dell’omelia scrivo tre parole sulla lavagna, tre P: Preghiera, Parola, Poveri. Il nostro cammino per prepararsi al Natale.

Dopo la messa mamma Regina offre da mangiare e da bere agli ospiti. Era tornata a casa a cercare le provviste.
Intanto fuori, mentre sotto gli alberelli i presenti si ristorano con la birra locale, i giovani di Welou
animano una serie di danze. Ci accingevamo a partire e vedo arrivare una moto con un galletto. Il dono della comunità per la visita. Lo offro a Iroko. Ben se lo meritava.

Silvano Galli, Kolowaré (Togo), 11 dicembre 2017

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